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Per il cane il momento della passeggiata è molto importante. Sia per i suo rapporto con l’umano sia per il suo approccio con l’ambiente e gli altri cani.

E’ importante cambiare percorso. In questo modo il cane può distrarsi, trovare nuovi stimoli sia come paesaggio che come incontri di altri cani e umani.

Usiamo il guinzaglio senza troppa forza per non creare nel cane stress, ansia o perdita di fiducia nel padrone.

Rispettiamo i suoi tempi. Lasciamo che si fermi ad annusare perchè così raccoglie informazioni sull’ambiente in cui si trova in quel momento e acquisisce maggiore sicurezza.

Evitiamo toni bruschi, alti o aggressivi se il cane non si comporta correttamente così da evitargli ansia e confusione.

Lasciamo che incontri altri cani e che socializzi con loro, controllando che ciò avvenga con modalità sicure. Migliorerà il carattere e la psiche.

Manteniamoci sempre calmi e tranquilli per trasmettere fiducia e sicurezza.

Convivenza cuccioli e bambini

La scelta di far crescere un bambino con un cane è sempre vincente e garantisce la nascita di una grande amicizia.

La presenza di un cane aiuta il bambino nello sviluppo psicofisico per tanti aspetti.

  • Il bambino impara a essere responsabile, prendendosi cura di un altro essere vivente;
  • Impara a conoscere i sentimenti di altri esseri viventi e le sensazioni che provano;
  • Acquista fiducia in se stesso;
  • Impara a essere tollerante verso gli altri e quindi a essere socievole;
  • Accresce la propria autostima.

L’adulto deve sempre supervisionare l’interazione bambino-cane, stabilendo subito delle regole precise per garantire la convivenza che sia rispettosa delle esigenze di entrambi.

La pubblicità è l’anima del commercio. Di solito siamo spinti all’acquisto di un “prodotto” perchè l’abbiamo visto pubblicizzato in TV in uno spot accattivante, con belle immagini o con un motivo musicale che ci è rimasto in testa.

Purtroppo questo meccanismo non dovrebbe valere per tutti i nostri acquisti.

Quando decidiamo di inserire nella nostra vita un compagno a quattro zampe non dobbiamo farlo perchè abbiamo visto una pubblicità.

Ciò che, invero, è accaduto in passato per alcune razze divenute famose perchè protagoniste di un film o di una pubblicità appunto (ad es. dalmata dopo “La carica dei 101” della Disney).

Per evitare che accada questo un ruolo fondamentale lo svolge (lo dovrebbe svolgere) l’allevatore, agendo in modo responsabile.

Innanzitutto deve conoscere molto bene la razza che ha scelto di riprodurre, in termini di carattere prima di tutto. Poi è fondamentale che conosca le caratteristiche comportamentali dei soggetti delle linee di sangue che riproduce. Infine, ogni singolo soggetto di una cucciolata. E, per fare questo, non bastano sicuramente i canonici “60 gg.” previsti come minimo di legge (ma, come minimo, 90 se non di più).

In questo, premiante è soprattutto l’atteggiamento di chi propone una sola razza (o, tutt’al più, due).

Inoltre, per poter fare una buona “selezione” tra i futuri proprietari di un cucciolo, deve investire Tempo, per conoscere la personalità e lo stile di vita della persona/famiglia che richiedee e desidera avere un suo cucciolo combinandoli, al meglio, con la “caninità” dimostrata da ogni singolo soggetto di una cucciolata, dei soggetti appartenenti alle linee di sangue che riproduce, appartenenti a quella specifica razza.

Oggi si parla solo e si dà grande risalto alla “selezione” dei soggetti per la riproduzione, esclusivamente sotto il profilo della genealogia e della esenzione da malattie ereditarie, facendo il più delle volte solo “terrorismo psicologico” sul fronte di una o due possibili patologie (la manifestazione dei cui sintomi sono il più delle volte funzione molto più dei “fattori ambientali” – alimentazione, attività fisica nei primi 18-24 mesi, peso-forma, traumatismi, ecc.ecc. – che di quelli “genetici”) a fronte di oltre 400 patologie del Cane della cui eziologia la Medicina Veterinaria conosce poco o nulla.

Parallelamente, si fa sempre, implicitamente, l’ipotesi che il “comportamento” del cucciolo e futuro cane, dipenda solo ed esclusivamente dal “fattore genetico”. Ciò è sbagliato, a nostro parere.

E’ fondamentale, ai fini della formazione della “caninità” e di tutta la gamma delle varie manifestazioni comportamentali della stessa di ogni singolo soggetto, tutto ciò che succederà al cucciolo dal momento in cui nasce (o, addirittura, dal momento in cui viene concepito) e sino al momento in cui verrà ceduto al nuovo proprietario. In altre parole, quella che in etologia viene definita “impregnanza“.

La quasi-totalità degli allevatori cinofili moderni si preoccupa solo di evidenziare l’albero genealogico dei genitori dei cuccioli che propongono, sciorinando la solita serqua di “titoli” (coppe, coppette, coppettine, coccarde, gagliardetti e quant’altro) spesso acquisiti in circuiti e con modalità del tutto autorefenziali (e che, il più delle volte, lasciano indifferenti la persona o la famiglia che cerca un cucciolo con “garanzie” circa il futuro comportamento del cucciolo, allorchè diventerà un cucciolone e un cane adulto.

Ben pochi, invece, sono in grado di predire futuro comportamento del singolo soggetto, del suo equilibrio psichico, della sua “godibilità” in famiglia e “fruibilità” in società. Soprattutto di fare ed azzeccare gli abbinamenti tra ogni specifica “caninità” di ogni singolo cucciolo e quello che sarà il contesto umano e le varie “personalità” umane ivi presenti (branco interspecifico) in cui si prevede di inserire cucciolo una volta ceduto.

A questo punto si può già intuire la pericolosità rappresentata da uno spot pubblicitario nell’influenzare il processo decisionale di una famiglia che stia valutando l’inserimento prima di tutto di un Cane, poi anche di un cane di una specifica razza, nel proprio contesto familiare e nella propria quotidianità.

L’allevatore (veramente) responsabile, oltre a rispettare il Cane per quello che è (cioè un animale appartenente alla famiglia zoologica dei Cànidi, animali essenzialmente da branco, tendenzialmente carnivori; quindi, prima di tutto, alimentandoli e facendoli vivere secundum naturam, in libertà e, possibilmente, in branco) deve innanzitutto capire e inquadrare il contesto ambientale umano in cui andrà a vivere il cucciolo e le motivazioni che spingono la persona/famiglia, potenziali candidati per l’adozione, non solo adottare un Cane, ma soprattutto ad adottare quel tipo (razza) di Cane.

Assodato ciò, in caso di valutazione positiva diventa poi compito dell’allevatore conoscere bene la “caninità” di ogni singolo soggetto della cucciolata per arrivare ad individuare quello più adatto per ognuno dei candidati (in altre parole: “Qquale cucciolo a chi”).

Spesso, infatti, non ci sono le condizioni adatte per poter inserire un cane nella nostra vita.

Come già detto, decidere di convivere con un cane (ma anche con un gatto e/o con altri animali domestici) non è obbligatorio per legge!

I più non capiscono che, prima di Spazio, il Cane ha bisogno soprattutto di Tempo

Non importa che uno abbia a disposizione decine di ettari di terreno, quando poi trascorre tutto il giorno al lavoro (magari chiuso in un ufficio), senza potere/volere portarsi appresso il proprio cane, e ritorna a casa la sera tardi, con il cane che rimane solo gran parte della giornata.

Questa non è la situazione né ideale, tanto meno idonea per avere un cane, quindi tanto meno per prendere un cucciolo di Cane.

Importante, come detto, non è solo individuare la razza giusta e, all’interno di quella razza, le linee di sangue e l’allevamento giusto, ma soprattutto il soggetto giusto (compito, quest’ultimo, che incombe sull’allevatore, previo approfondita conoscenza dell’umano che ricerca un cane di quella razza).

E’ fondamentale dunque conoscere lo stile di vita del futuro proprietario, le sue abitudini, la composizione del suo nucleo familiare, il tipo di lavoro, gli impegni quotidiani di tutti i componenti la famiglia, tanto nei giorni feriali quanto nei fine settimana e nei periodi di vacanza, le caratteristiche dell’abitazione, ecc….

Tutte informazioni che l’allevatore responsabile deve acquisire approfonditamente sin dal primo contatto, per iscritto, telefonicamente quindi anche di persona.

Soprattutto non deve avere timore di negare un cucciolo e/o di consigliare altra razza e/o altro allevamento di quella stessa razza, laddove ritenga che non ci siano le condizioni ottimali per consentire lo sviluppo di una buona relazione all’interno de binomio uomo-cane.

Questo atteggiamento di “selezione a monte” dei futuri proprietari è anche quella che consente, poi, di evitare fenomeni di abbandoni, con sovraffollamento di canili e tutto ciò che ne consegue.

Bisogna, dunque, assolutamente dissuadere coloro che scelgono di prendere un cane (magari su sollecitazione dei bambini/adolescenti nel contesto domestico, che possono ricavarne sicuramente grande beneficio ma non devono mai essere i principali “decisori”) come regalo di Natale, compleanno, San Valentino oppure perchè l’hanno visto in una pubblicità alla TV.

Non bisognerebbe affidare la fama di una razza ad una pubblicità; una determinata razza deve diffondersi grazie a lavoro attento, responsabile e coscienzioso dell’allevatore che garantisce certe condizioni di vita ai propri soggetti, riproduttori e nascituri, rispettando il più possibile la loro natura e la loro indole e facendo buona informazione scevra da ideologismi allevatoriali e/o veterinari (il più delle volte ispirati e sapientemente “pilotati” da multinazionali del petfood).

È, quindi, molto importante rispettare i tempi della natura

Nei branchi di lupi si è osservato che la madre ha un rapporto molto stretto e vincolante con i proprî cuccioli fino alla 16° settimana, ovvero 4 mesi.

Purtroppo una legislazione ancora troppo miope ha fissato in 60 gg. il termine minimo per la consegna dei cuccioli di Cane e, purtroppo, la maggioranza degli allevatori osserva questi tempi per ovvi e intuibili motivi (minori costi, incassi anticipati, responsabilità circa i rischi che cucciolo si ammali e/o manifesti patologie cardiache, polmonare, ecc. estesa su un lasso di tempo molto inferiore, ecc.) senza rispetto dei tempi della Natura e guardando solo a parametri di mera convenienza economica.

Quanto sopra, spacciando le tempistiche che fanno comodo, con i soliti luoghi comuni (cucciolo deve andare al più presto in famiglia per “socializzare”, per conoscere l’odore dei nuovi proprietari e della nuova casa, per andare a spasso in città con il nuovo proprietario e fare più esperienze possibili, ecc. ecc.).

Tutte affermazioni che hanno un senso, purchè nel rispetto dei tempi in cui cucciolo ha necessità di stare – in idoneo ambiente – con la madre, con i suoi fratelli/sorelle e con gli adulti del branco. Quindi DOPO (almeno 16 settimane). Non PRIMA.

In altre parole, come voler sostenere che un bambino (specie Umana) debba essere strappato alla madre e al suo contesto genitoriale e domestico DEFINITIVAMENTE, per essere inserito, permanentemente, in altro contesto, di specie animale a lui alieno e totalmente sconosciuto (ipoteticamente in una famiglia di specie Marziana o Venusiana).

Dare la possibilità al cucciolo di crescere insieme alla madre, ai fratelli e sorelle e agli altri adulti, maschi e femmine che siano, della propria specie (Cane) e a lui familiare, al contempo crescendo sviluppando familiarità con gli umani “supervisori” (allevatori), consente loro di ricevere stimoli imprescindibili e fondamentali per la loro formazione e, quindi, estremamente funzionali e necessarî per la loro stabilità ed equilibrio psichici.

Un cucciolo che nasce e rimane chiuso in un box (o “nursery”, eufemismo sempre più diffuso, in realtà solo per edulcorare la cruda realtà) per 60 gg. insieme ai fratelli/sorelle ed alla madre non avrà sicuramente un adeguato sviluppo psichico-caratteriale, tenderà a un disequilibrio psichico (d’altronde come un umano che trascorra una pessima e tribolata infanzia) che si manifesterà, nel tempo ed in età più adulta, con scarsa stabilità psichica, con paure e insicurezze che si tradurrano (a seconda che si tratti di razza canina forte o debole) in aggressività o fobie, entrambe molto mutilanti e vincolanti nella gestione del futuro-cane da parte dell’umano che l’abbia adottato.

Inoltre la cucciolata dei Cànidi (lupi, sciacalli, coyote, dingos, volpi; e, seppur appartenenti ad altra sotto-famiglia zoologia, anche dei cani ferali) è un evento che coinvolge (e, volendo usare una terminologia umana tendente all’umanizzante, quindi tendenzialmente sbagliata) “entusiasma” tutto il branco, che si dedicherà e si occuperà dei cuccioli, insieme alla madre-alfa (e, nel caso dei soggetti-omega del branco, sin dai primi giorni di vita dei cuccioli), sia per quanto riguarda l’accudimento, che la e-ducazione.

I migliori educatori per i cuccioli di (qualsiasi razza – ed anche non-razza, sul quale concetto ci sarebbe molto da discutere – di) Cane, sono i cani adulti stessi del branco in cui la cucciolata viene alla luce, purchè adulti equilibrati e stabili psichicamente (condizione che, solo per citarne una, non si ottiene certo tenendoli rinchiusi in box o gabbie!).

Un fenomeno talvolta distorcente e controproducente è anche quello attuale degli “educatori cinofili (umani) di cuccioli cui sono venute a mancare queste condizioni imprescindibili dalla nascita (fors’anche dal concepimento) al distacco dalla madre, dai fratelli/sorelle e dal branco.

A meno che non li si intenda nel ruolo di “educatori degli umani” (proprietari di un cucciolo e/o di un cane), per insegnare loro (agli umani) come “sintonizzarsi” sulle frequenze mentali del Pensiero canino (ben diverse da quelle del Pensiero tipicamente umano).

La loro funzione dovrebbe essere quella di aiutare l’umano ad interagire correttamente con il proprio cane, fornendo (al bipede umano) strumenti, sia cognitivi che comportamentali, utili per stabilire una buona relazione con il proprio cane (psichicamente equilibrato, si àuspica), nel rispetto della sua natura e della sua indole, con poche ma chiare regole.

In primis, la “logica” e la “coerenza” di Pensiero

Facili da dimostrare a parole, meno a fatti concreti. Ma non impossibile da adottare. Il cane, infatti, ha una logica essenzialmente “aristotelica” (bianco è bianco, nero è nero, bianco è diverso da nero) e una “forma mentis” che, con una forzatura, potremmo tipicamente definire “da pensiero umano in modalità militare” (non a caso i migliori addestratori cinofili, anche se non tutti, sono soliti operare in ambito militare).

La “mente” del Cane si ispira essenzialmente alla coerenza, tipica insita nella Logica, ed ha bisogno di sviluppare, sin da subito, “rapporti gerarchici“.

E’ fondamentale, quindi, che sin da subito, gli venga insegnato al cucciolo il “Rispetto della gerarchia” in una contesto di relazioni COERENTI (il superiore gerarchico adotta comportamenti, sempre, “da superiore gerarchico”).

Se ciò non avviene SEMPRE e COERENTEMENTE, allora il Cane ri-elabora istintivamente lo “schema gerarchico” delle relazioni sviluppate nell’ambiente in cui sta crescendo e/o in cui si trova a vivere ed adatta il proprio “ruolo gerarchico” sulla base delle nuove “informazioni” acquisite dal medesimo ambiente, che lo circonda.

Un buon proprietario non deve confondere il cane con comandi – ma soprattutto con comportamenti – contraddittori (incoerenti).

Se una cosa non è permessa, non è permessa sempre. Salvo contro-ordine specifico. Quindi previo consenso del superiore gerarchico (“A-ttenti!” è “Attenti!” sempre; salvo il “Riposo. Rompete le righe!”)

Rispetto della natura e dell’indole. Il cane è Cane. Quindi, prima di tutto, istinto.

Come diceva Sant’Agostino: “Homo agit se ipsum. Animales aguntur“.

Importante dunque non tentare di “umanizzare” il cane (anche se è più che “umano” umanizzarlo e può capitare; e, in un contesto relazionale Uomo-Cane corretto, può anche avvenire senza creare troppi problemi).

Dobbiamo però sempre ricordarci della sua natura “animale” (poi, che nei tempi moderni vi siano molti umani oramai più animali degli Animali, è un dato acquisito), quindi istintiva, e averne Rispetto.

Il cane, per poter “essere Cane”, deve poter “fare-il-Cane”. Sin dalla nascita. E, per come la vede lo scrivente, per almeno 16 settimane.

Solo comprendendo la sua vera natura, di Cane, e rispettandola sempre, saremo sicuri di aver fatto cosa buona e giusta.

Insomma, un percorso che allevatore e futuro proprietario non possono certo fare insieme, facendosi influenzare da uno spot pubblicitario!

Se (da perfetti sconosciuti) chiamate (o scrivete) e partite subito con una raffica di domande (senza nemmeno, prima, presentarvi); o, peggio ancora, l’unica domanda di cui vi interessa la risposta è “Qual è il prezzo?”…

…ed io (dato che entrate – voi – nel mio “territorio”, telefonico o telematico) – terminata la vs. “raffica” (di domande cui, tanto, in prima battuta, non rispondo) – parto poi, io, con una raffica di domande, please: NON vi adombrate!

Le faccio non per “morbosa curiosità” (tanto meno fini a se stesse), ma solo in nome e per conto dei cuccioli che (non avendo la parola) hanno, peraltro, il diritto di sapere “CHI SONO” gli umani da cui potrebbero andar a vivere!

“Quanti” sono? “Come” sono relazionati tra loro? Sposati da 20 anni? O conviventi da 6 mesi? (ché – se poi la convivenza, di lì a 3 mesi, scoppia – poi dove va a finire il cucciolo?).

Sono adulti “con” o “senza” bambini/adolescenti? Quale “soluzione abitativa” adottano o adotteranno (per sé e per l’eventuale cucciolo che stanno cercando)?

Che “stile di vita” hanno (quindi: quanto “TEMPO” – fattore ancor più rilevante dello “SPAZIO”! – avranno a disposizione per loro)? Che “esperienza di cani” hanno (o hanno avuto)? Ci sono altri animali? (…e se sì, quali? cani? gatti? coccodrilli?).

Tutte informazioni che il cucciolo non può chiedere, né sapere in anticipo.

Quindi le “devo” chiedere io, al posto suo! E – nel mio “territorio” telefonico; o telematico – me le “dovete” fornire voi!

Se – per le succitate domande – vi adombrate (o vi sentite invasi nella “praivasi“); o pensate – come mi ha scritto, sulla pagina Facebook, uno di voi (“…se pubblicizzi una qualsiasi cosa, devi mettere il prezzo!“) – che non sia “professionale” non mettere il “cartellino del prezzo” ad ogni cucciolo (che – sia chiaro – NON è una “cosa“; tanto meno “qualsiasi“!), allora ha più senso che, il cucciolo, lo andiate a cercare in un bel… negozio (petshop)!

Lì, zero domande.. al massiimo vi chiedono, alla cassa, se volete pagarlo con bancomat o contanti… o, se decidete per la carta di credito, dovrete rassegnarvi a sopportare l’ulteriore “disagio” di sentirvi chiedere – e dover esibire – un documento d’identità!

Sono ormai tanti quelli che ci contattano – per email, per telefono o per il tramite dei nuovi proprietari di nostri cuccioli – da tutta Italia, per chiederci se sia possibile venire a “visitare l’allevamento” (in realtà: casa nostra! Quindi: NON è un “allevamento”!) per scopi formativi-didattici-professionali e quant’altro (di solito studenti di materie cinofile, educatori cinofili, etc…).

Purtroppo il tempo è sempre molto tiranno e la priorità, per visitare “l’allevamento” (in realtà: casa nostra!) viene data alle coppie ed alle famiglie intenzionate (ma, soprattutto, idonee) ad inserire, in famiglia, un cucciolo.

Ecco perchè, il più delle volte, siamo costretti, nostro malgrado, a rispondere così:

Buongiorno Sig.ra xxxxxx,
grazie per la Sua mail e scusi il ritardo con cui riscontro la Sua.

……..omissis……..

I nostri cani (di 5 razze pastorali diverse; di cui solo la metà dei Pastori Svizzeri, l’unico che riproduciamo, ma solo una o due volte l’anno e nemmeno tutti gli anni) sono prima di tutto cani “di famiglia”.

Che vivono (e dormono; alcuni quasi letteralmente, in camera da letto; molti altri, dentro le mura domestiche) con noi e – noi – con loro; che lavorano, attivamente, in guardianìa sul nostro (e loro) territorio recintato (in altre parole: il giardino, di casa nostra); e che, sostanzialmente, vivono in simbiosi con noi (e – noi – con loro).

Facciamo (se le facciamo!) pochissime cucciolate, max. una o due l’anno; la cucciolata autunnale/invernale è stata consegnata  a fine gennaio/primi febbraio; la prossima è prevista per fine estate dell’anno prossimo, buon fine del calore atteso permettendo), dato che siamo amatoriali e occasionali, dato che non è la nostra attività principale, né ci interessa lo sia (in tal cal caso, infatti, avrebbe avuto più senso avere tutti “svizzeri”, facendo cucciolate tutto l’anno e tutti gli anni).

Peraltro, come intuibile, l’elevato numero dei nostri “bambini” pelosi, assorbe molto tempo (e d’altronde il piacere di avere cani, secondo me, consiste proprio in questo: poterci passare più tempo possibile; stile di vita permettendo).

Quando abbiamo (o abbiamo in previsione) cucciolate, è ovviamente richiesta, da parte nostra, una visita preliminare, per approfondire – reciprocamente – la conoscenza e valutare l’opportunità di accettare una prenotazione.

Attualmente le visite riprenderanno con l’inizio della bella stagione ed i primi incontri (che avvengono, di regola, a week-end alternati) sono già previsti a partire da fine aprile/primi maggio, con famiglie che ci hanno contattato telefonicamente e che stanno valutando l’inserimento di un cucciolo nel loro contesto familiare da almeno un semestre.

Dette visite, pertanto, hanno la precedenza sulle tante, altre, richieste a vario titolo.

Ultimamente, infatti, ci stanno contattando in molti, da tutta Italia (solitamente educatori/trici, studenti di materie cinofile o, in generale, zoofile; o anche semplici appassionati), chiedendoci se sia possibile una “visita all’allevamento” [NON è un “allevamento”: è casa nostra, presso cui vivono, con noi, tutti i nostri cani! Ndr], solitamente a scopo formativo-didattico o – come è capitato una volta – per svolgere una tesina.

Purtroppo – trattandosi di una privata dimora (e NON di un “allevamento”, tanto meno amatoriale non essendoci i presupposti della continuità), oltre che per mancanza di tempo da parte nostra –  non siamo in grado di soddisfare queste richieste.

Inoltre ricevere visite (da “estranei”, seppur “non-ostili”) sul territorio, può innervosire alcuni soggetti del ns. branco (4 maschi di Pastore dell’Asia Centrale, molto equilibrati ma molto territoriali e che quindi – quando ci sono visite, a qualsiasi titolo – preferiamo tenere dentro le mura domestiche; soprattutto… di notte, per visite – diciamo – inaspettate!).

I quattro “pilastri” della nostra filosofia cinofila e del nostro modo di “vivere i cani” sono:

  1. cani liberi (su un territorio di ca. 5.000 mq.);
  2. cani in branco (un gruppo di cani non “fa”, automaticamente, “un branco”);
  3. cani in famiglia (che fa parte del branco);
  4. cani alimentati in modo naturale (quindi, principalmente  carne fresca cruda e “ossuta“; come facciamo da anni, nonostante il parere contrario della quasi totalità del mondo veterinario).

Quindi, come rispondo sempre ai molti che ci fanno (su Facebook e non solo) i (sempre graditissimi) complimenti “come allevatori”: noi non solo NON lo siamo (“allevatori”), ma NEMMENO ci sentiamo, TANTO MENO ci teniamo ad esserlo (“allevatori”), data la “fauna” esistente in quel settore.

Nei confronti degli umani, siamo semplicemente i privati “proprietari” (non siamo una società agricola; come, forse, converrebbe con un tal numero di cani, considerati gli elevati costi, soprattutto per l’alimentazione); laddove, nei confronti dei nostri cani, ci sentiamo (anzi, mi sento; anzi: sono) semplicemente (il) “capobranco” (del branco “interspecifico”, come dicono gli esperti; anche se i nostri 3 gatti temo non siano… d’accordo!).

Tutto qua.

Suggerisco, nel frattempo, di iscriversi al gruppo Facebook e/o seguire la Pagina FB, dove sono caricate centinaia, tra foto e video.

Per qualsiasi ulteriore informazione e/o chiarimento, può contattarci telefonicamente.

Se un genitore porta il proprio figlioletto di due anni al parco, è difficile che qualcuno si fermi per accarezzarlo o per complimentarsi con la mamma.

Se una persona, invece, conduce al guinzaglio un cucciolo di pochi mesi, è un continuo fermarsi di gente che vuole accarezzarlo, offrirgli parole dolci, sorrisi, complimenti (…e c’è anche chi si commuove!).

È un fenomeno curioso, emerso solo qualche decina di anni fa e che, forse, meriterebbe di essere studiato e approfondito meglio da sociologi e antropologi.

C’è chi sostiene sia il portato di una “maggiore civiltà” raggiunta dall’Uomo (anche se poi, nella vita di tutti i giorni, questa “maggiore civiltà” si fa fatica a riscontrarla).

Senza contare che, per gli animali “da tavola”, l'”amore” dell’uomo si limita al loro “sapore” (della vita interamente trascorsa in allevamenti intensivi non interessando quasi a nessuno).

Amare i cani è sicuramente una cosa positiva che migliora lo spirito di noi umani; senza contare che molti psicologi sostengono sia anche terapeutico (e siamo molto d’accordo!).

Vero è, peraltro, che, intorno al “mondo del Cane”, ormai è stato creato, a tutti i livelli, un business, a dir poco, gigantesco.

Ma che cosa significa, esattamente, “amare il proprio cane”?

Ricoprirlo di oggetti inutili e di attenzioni superflue? O permettergli, semmai, di vivere un’esistenza secondo il proprio “istinto animale” (< Homo agit se ipsum animales aguntur > S.Agostino)?

Oggigiorno, per certuni, il cane rappresenta magari quel figlio mai (o non ancora) avuto o quel compagno di vita mai (o non ancora) trovato: d’altronde un cane sa accettare i nostri difetti senza lamentarsi come nessun altro al mondo!

Tutto ciò crea un terreno estremamente fertile per chi intende speculare facendo leva (e, talvolta, facendo anche vero e proprio “terrorismo psicologico“) sui sentimenti e sulle emozioni del padrone (oltre che sulla sua “ignoranza”, intesa proprio come assenza di conoscenza).

Come si è riusciti a travisare e far travisare il concetto di “benessere dell’Uomo”, così pure – attraverso la creazione di un pensiero (pseudo) cinofilo (attualmente molto “politically correct”) – si sta sempre più stravolgendo quello di “benessere del Cane”.

Oggigiorno è considerato un vero “amante del Cane”:

  • chi si reca ogni settimana (ogni mese) dal veterinario per una “visita di controllo”;
  • chi lo vaccina annualmente (per tutta la vita) contro tutte le malattie possibili e immaginabili;
  • chi si dichiara disponibile a spendere qualsiasi cifra per la sua “salute” (o quella che gli han fatto credere tale); magari sulla base di una “prognosi” (tutt’altro che “riservata”, nonostante abbracci i successivi 12/15 anni del cane e dipenda da “n” fattori) del veterinario di turno spacciata, con malizioso silenzio, per “diagnosi” (tanto, il proprietario medio magari non conosce nemmeno la differenza tra “diagnosi” e “prognosi”, né fa comodo spiegargliela; inventandosi, così, una serqua di strampalati e ridicoli – oltre che, spesso, per nulla “scientifici” – test e/o esami “preventivi” circa la sua salute fisica e psichica.

Tutto ciò nell’alveo di un eugenetismo (non a caso sempre più diffuso a livello di allevamenti di cani  di “razza“) sempre più delirante e che (come tutti gli “-ismi”) alla lunga si rivela solo pernicioso e deleterio (per non dir “fanatico”, quindi totalmente sterile); anzi, nell’alveo di uno pseudo-eugenetismo (in quanto spesso in assenza dell’unico test veramente affidabile: quello del DNA!).

Tanto poi, nel contesto di questo “delirio”, la responsabilità viene regolarmente addossata, da certo mondo veterinario, alla figura dell’allevatore (magari chiudendo un occhio per alcuni, vicini ai gangli del “Potere” cinofilo).

Delirio (eugenetistico) coltivato all’insegna del più becero “fanatismo ideologico” ed IN COMPLETA ASSENZA di qualsiasi CERTEZZA genetica, ottenibile solo con l’UNICO test che, semmai, avrebbe senso fare: quello del DNA (che però, guarda caso, non viene MAI fatto, anche perché non ancora disponibile; e, ciò, sostanzialmente per mancanza di “volontà politica” e NON per mancanza di capacità tecniche).

Invero c’è da dire che è “becero” solo in apparenza (in realtà solo “cinico”), dato che l’unica vera “ideologia” sottostante (taciuta con pelosa ipocrisia, alla stregua di evento marginale; o, peggio, sotto mentite spoglie di “altruismo cinofilo”) è quella di vendere, ad es., la “lastrina” (magari preventiva, magari propedeutica al tunnel della chirurgia); “piazzare” il cucciolo al primo che lo chieda (disposto a pagare senza tante storie, pur facendogliela “cadere dall’alto” con mal dissimulato snobismo) nutrito a “croccantini”, cresciuto in cattività e spacciato “eugenetisticamente” come “perfetto” (il che NON vuole assolutamente dire “geneticamente perfetto”; in realtà vuol solo dire: “Se il tuo cucciolo da grande dovesse risultare “difettoso”, non ti sognare nemmeno lontanamente di prendertela con me allevatore!“).

Quindi alla fine – cherchez l’argent! – sempre di dané si tratta, di quattrini (magari ostentando, con vomitevole “radical-canismo“, peloso disinteresse per gli stessi).

C’è, poi, chi lo addestra ad attività le più strampalate (dance dog?) con la motivazione (magari in buona fede, della serie: “..me la racconto e ci credo anche!“), che “..il mio cane si diverte un sacco!” (laddove magari trattasi essenzialmente solo di escamotages volti a superare, senza mai riuscirci, la ricorrente “noja esistenziale” da week-end).

C’è poi chi si vanta di alimentarlo con i croccantini più reclamizzati in televisione, di lavarlo e profumarlo alle essenze più ricercate e chi concepisce il concetto di “amore per il cane” dotandolo di sfarzosi collari o pettorine alla moda, acquistandogli brandine o materassini colorati, ciotole variopinte, pannolini, mutandine e impermeabilini griffati, passeggini (per “rimorchiarlo” quando è stanco) e tanto altro ancora.

Molti chiamano i loro cani “tesoro”, “amore”, si angosciano se il “piccolo” non mangia per un giorno o se beve troppo, se non fa bene la “cacca” e, al solo pensiero di farlo vivere (e mangiare) come l’animale di un tempo, inorridiscono.

Insomma, a prima vista un mondo (per il cane) a dir poco PERFETTO, popolato da padroni, allevatori, veterinari, produttori di “croccantini” e di accessori, farmacie e case farmaceutiche veterinarie, oltre che organizzazioni, associazioni e club, tutti… MERAVIGLIOSI, intenti solo a ricercare il “benessere” del Cane (ovviamente sempre principalmente amor Dei; gratis, meno).

La messa in scena è perfetta e, inizialmente, non fa una grinza

Andando più in profondità, oltre la patina superficiale, si scopre quanta ipocrisia (per non dire proprio…marciume) sia insita in codeste “magnifiche sorti e progressive” del mondo cinofilo, a voler sentire il quale “..oggi il nostro cane vive a fianco dell’uomo come in paradiso!”: in verità, invece, è un mondo in cui non ha mai subìto (il Cane) così tanti torti e disagi come negli ultimi 40/50 anni!

Ma come se la passano psicologica(nina)mente milioni di cani che oggi abitano gli appartamenti delle città, prigionieri di padroni sempre più stressati? Avete mai pensato a come può vivere il cane rinchiuso tutto il giorno in appartamento (anche se dorme sul letto o sul divano), con a disposizione soli pochi minuti di “aria” per fare i suoi bisogni nei giardinetti vicino a casa o nelle aree pubbliche di sgambo?

Credete veramente che siano così felici di dover imparare l’educazione loro impartita dagli umani per andare nei negozi a fare la spesa, praticare gli “sport” che l’uomo ha inventato per loro o mangiare le “crocchette” che gli umani somministrano loro (spacciandogliele come il “miglior” cibo possibile)?

Potranno mai i nostri tanti complimenti, baci e abbracci, cucce imperiali, bagni profumati e crocchette colorate, sostituire le loro reali necessità di VIVERE COME CANI, di correre, sporcarsi, litigare, vivere (e, prima ancora, nascere) in branco, alimentarsi naturalmente (CARNE CRUDA), riprodursi, etc. come fecero per millenni prima che l’essere umano si intromettesse?

Non credo proprio!

Per stare veramente BENE, i cani non hanno bisogno di quasi nulla di quanto, oggigiorno, viene solitamente proposto dal settore della cinofilia commerciale e veterinaria (che fa leva, spesso e volentieri, proprio sentimenti indotti dalla “umanizzazione” inconsciamente messa in atto dal proprietario!).

NON servono tanti esami preventivi e/o consuntivi (e il più delle volte intesi solo a spillar soldi al proprietario di turno “ricattandolo” subliminalmente facendo leva sul suo “amore” incondizionato per il proprio pet), tanto meno ricoprirlo di centinaia di oggetti e accessori perfettamente inutili (anche se, a tutt’oggi, tutto ciò fa sempre più.. “cinofilia“).

Al cane basta stare all’aria aperta, in un territorio su cui correre, giocare, esercitare il suo istinto territoriale e predatorio (provate a liberargli una gallina viva, invece che tirargli un freesbe o farlo correre su e giù per una bascula!), una vita RUSTICA, una alimentazione NATURALE, SANA (tanta carne cruda e qualche uova, per le proteine; un pò di frutta e yogurt o kefir, per i carboidrati; qualche verdura e ciuffo d’erba, per le fibre); e, possibilmente, ALMENO un compagno (meglio se di sesso opposto, ma non necessariamente) della sua stessa specie con il quale vivere secondo il suo istinto di “animale da branco”.

Tutto il resto, con buona pace di certo sottobosco cinofilo, auto-proclamatosi alfiere del pensiero cinofilo “politically correct” (ivi inclusi taluni “ieratiche” allevatrici, con “patentini” da esibire; in realtà solo con “chiacchiere & distintivi”, ufficiali), non potrà MAI sostituire queste ataviche necessità del CANE!

Poter viaggiare con il nostro cane è un notevole beneficio sia per noi che per loro.

È importante abituare il cane alla macchina fin dai primi mesi, portandolo in giro all’inizio per brevi tratti per verificare la sua reazione.

Alcuni soggetti non presentano segni di disagio. Altri potrebbero manifestare salivazione, bava, vomito, che in ogni caso man mano che il cane si abitua, sono destinati a scomparire.

E’ necessario prima di iniziare il viaggio tenere il cane a digiuno.

Durante il viaggio è occorre fare brevi soste ogni due ore, somministrare acqua e fare sgambare brevemente il cane anche per eventuali bisogni.

All’interno dell’auto il cane deve essere tenuto separato dall’abitacolo per evitare che crei pericolo durante la guida.

Può essere sistemato nel sedile posteriore, assicurato con apposita cintura, reperibile presso i negozi specializzati.

Nel bagagliaio all’interno di apposito trasportino, che consente al cane una maggiore protezione; oppure libero, ma avendo installato apposita griglia di separazione, sempre reperibile presso i negozi specializzati.

Quanto agli altri mezzi di trasporto, è ormai consentito il trasporto di animali su treni anche quelli a AV.

Circa l’aereo, a condizione che il cane sia in perfetta salute, occorre verificare la compagnia scelta in quanto le regole possono variare.

In genere il cane di grossa taglia viene sistemato nella stiva, quindi fuori dal nostro controllo. Per questo è importante verificare preventivamente le sue condizioni di salute prima della partenza.

Quanto ai documenti, per uscire dall’Italia è necessario il passaporto sanitario europeo.

Il passaporto dal 1° ottobre 2004 è obbligatorio per tutti gli animali d’affezione.

Per ottenere il passaporto è necessario che il cane, abbia già il microchip, sia iscritto all’anagrafe veterinaria dell’ASL di zona; abbia effettuato la vaccinazione antirabbica.

Il passaporto può essere richiesto dopo 21 giorni dall’effettuazione della vaccinazione antirabbica e non ha scadenza.

Per uscire dall’Europa occorre consultare l’ambasciata del paese di destinazione .

Importante comunque resta sempre la nostra presenza che ha sicuramente effetto tranquillizzante per il nostro cane.

Sarà nostro compito organizzare il viaggio, scegliendo innanzitutto una destinazione compatibile con la presenza del nostro cane, che sia raggiungibile agevolmente per non sottoporlo ad una esperienza che resta per lui comunque stressante, rappresentando occasione di lasciare il suo territorio anche se potendo essere con il proprio branco umano di riferimento.

Prendere un cucciolo in negozio? No grazie!

Il cucciolo, ai fini di un corretto sviluppo (anche e soprattutto) psichico, dovrebbe fare almeno 12 settimane (Fase III di Campbell; detta anche “Fase di impatto della paura”, “Fear Impact Period”) con madre e fratelli e sorelle e, anzi, auspicabilmente, dovrebbe rimanere in allevamento anche oltre quel periodo (non a caso in Svizzera c’è l’obbligo di legge, per tutti gli allevatori, di non dare cuccioli di età inferiore ai 3 mesi!).

Tanto meno gli farebbe bene (anzi, sarebbe piuttosto devastante) effettuare, prima dell’adozione definitiva, un “passaggio intermedio” (allevamento => negozio => famiglia adottante), per quanto scrupoloso possa essere il negozio.

La gente compra nei negozi principalmente per due motivi:

  1. non ha tempo di visitare vari allevamenti (quindi mi chiedo fino a che punto poi abbia tempo da dedicare al nuovo membro della famiglia!);
  2. non avendo tempo per verificare di persona le condizioni e i soggetti di un allevamento (incluso l’allevatore) e non avendo tempo, tanto meno, per formarsi un minimo di competenze circa i criteri da adottare ai fini della valutazione di un allevamento (quindi, in buona sostanza, anche su “come funziona un cane”, sia a livello di salute fisica, che psichica), crede semplicemente che comprarlo in negozio dia “garanzie” (senza tenere conto dei danni psichici che questa esperienza arreca al cane in una fase delicatissima della sua vita, quale è quella dell’imprinting, che inciderà sul resto della vita dell’animale!).

In altre parole a noi umani, molto egoisticamente (vogliamo “il cane”, ma non abbiamo tempo, né voglia spesso, per approfondire e capire “come funziona il cane”), interessa solo che sia il cane (e/o chi ce lo vende) a “fornire garanzie”; e non ci preoccupiamo (e quasi sempre non se ne preoccupa nemmeno il commerciante, tanto meno, a volte, l’allevatore di cani) che siamo noi umani a dover, semmai, “fornire garanzie” al cane (quindi a chi ce lo affida)!

Purtroppo il cane, quasi sempre, non può contare su umani che si preoccupino veramente di come andrà a stare, delle condizioni in cui andrà a vivere.

La responsabilità, comunque, in parte è anche del mondo degli allevatori, che una volta “venduto” il cane, si fanno di nebbia, si dileguano (tanto sanno che, per un tot di anni, quel “cliente” non sarà più “cliente”).

Tutti quelli che hanno preso un nostro cucciolo sono stati (e vengono a tutt’oggi) seguiti (sempre che lo desiderino e lo vogliano) non solo per telefono a scadenze ricorrenti (e, all’occorrenza, anche di persona, ma) anche tramite gruppi Facebook (di solito “chiusi” o “segreti”) dedicati (alla specifica cucciolata) in cui i diversi affidatari dei cuccioli possono entrare e rimanere in contatto e, soprattutto, scambiarsi opinioni e commenti sullo sviluppo del proprio cucciolo (e futuro cane).

Peraltro anche la gente, quando cerca (e poi acquista) un cane da un allevamento (o da un negozio), ragiona spesso come quando deve acquistare un elettrodomestico: vuole solo che “funzioni” (e pretende la “garanzia” dello scontrino).

A volte ci hanno contattato famiglie anche molto per bene, che vivono in grandi centri abitati, genitori molto impegnati nel lavoro, con figli che vanno a scuola o all’università, filippini che fan le pulizie in casa; chiedono il cane ma ti dicono che escono di casa tutti alle 8 (e non possono portarsi dietro il cane, perché gli sarebbe d’impiccio – o vietato – nel contesto del loro lavoro) e che rientrano tutti non prima delle 17 (i figli, magari, hanno impegni scolastici e/o sportivi pomeridiani) e pensano che il cane, appena preso (ma che, ovviamente, non gli possiamo dare!) sia come un televisore, che lo metti in stand-by alle 8 e lo riaccendi prima di cena quando ci si appresta a sedersi a tavola.

Poi ce ne sarebbe da dire anche circa certa “lobby veterinaria” (ma è un discorso lungo e spinoso; tralasciamo).

E’ sbagliato tutto il sistema (a cominciare da come vengono tenuti i cani adulti, come vengono alimentati, ecc…). Discorsi molto lunghi.

Ciò detto, NON andiamo a complicare (ulteriormente) questo “sistema” ipotizzando la (presunta) utilità dei negozi nella ricerca del proprio cane.

Commercianti di animali e allevatori di animali sono sempre esistiti, da che mondo è mondo.

Il mestiere dei commercianti (in qualsiasi settore) è sempre stato quello di “spostare un oggetto, un bene, una mercanzia” dal luogo del “produttore” (o del commerciante più grosso) a quello del “consumatore (finale o intermedio).

Il cucciolo non è una “merce” spostabile o delocalizzabile a piacimento. Specie nelle prime 16 settimane di vita (Fase I, II, III e IV di Campbell).

E’ la gente, che si deve “spostare”, che deve mettere a calcolo viaggi e spostamenti (senza far spostare il cucciolo da dove è nato o nascerà e sta crescendo o crescerà).

Ma la gente si sposta spesso, nei momenti canonici della settimana e dell’anno (week-end, festività, ferie invernali/estive) per “divertirsi” o andare in vacanza.

Poi, magari, per prendere un essere vivente (e particolarmente “senziente”, come un cane), che dovrà convivere con loro oltre un decennio, preferisce “spostarsi” il minimo, rivolgendosi al negozio della propria città; e se il cucciolo, poi, dovesse presentare dei problemi (o, peggio, smettere di “funzionare”) sanno che, presentando lo scontrino, potranno anche fare il “reso” e averne, magari, un altro.

Non dovrebbe funzionare così!

E’ proprio il “modo di pensare”, la (non) “cultura” cinofila diffusa (che di “cinofilo” ha ben poco) che è completamente sbagliata!

Visitando l’allevamento e parlando con l’allevatore avrete poi modo di farvi un’idea della sua serietà. Ecco quali sono i requisiti da valutare.

Ama i suoi cani profondamente

L’allevatore conosce tutto di loro, è in grado di parlarvi non solo dei risultati espositivi ma del carattere e abitudini di ogni singolo cane. Si prende cura di loro, li tratta bene, conosce i loro bisogni e li rispetta.

Nonostante abbia scelto di fare della sua passione un lavoro, li considera dei compagni, e non macchine per produrre cuccioli.

Evitate allevamenti con troppi soggetti, evitando anche quelli che fanno troppi cuccioli in un anno e che hanno diverse razze canine.

Comunque vi basterà vedere come vivono i suoi cani per capire se avete di fronte l’allevatore serio che state cercando.

I suoi cani lo amano

Vedete che sono felici di stare con lui, sono gioiosi quando lo vedono, lo rispettano ma non lo temono.

Alleva poche razze! Meglio una sola, il massimo sarebbe trovare un allevatore amante della razza che allevi solo quella.

Allevamenti che promettono di procurarvi cuccioli di qualsiasi razza potrebbero nascondere attività di importazione e commercio clandestino e sono da evitare accuratamente.

È disponibile a mostrare

Sia tutta la documentazione legata al cucciolo e ai suoi genitori (pedigree, controlli ufficiale per le malattie genetiche), sia le sue fattrici e tutti i soggetti dell’allevamento ma, soprattutto, notate se ci sono i “cani anziani”.

Osservate come vivono e come vengono trattati perché un allevatore serio è prima di tutto un proprietario, ama i suoi cani, vive con loro e non se ne separa fino alla fine.

È scrupoloso e attento

Vi rilascerà un certificato di buona salute contro le principali malattie infettive e la documentazione relativa al programma vaccinale effettuato sul cucciolo.

Vi guiderà alla gestione del cucciolo durante i primi tempi (pasti, sonno, solitudine).

Vi fornirà un po’ del cibo che il cucciolo assume e vi consiglierà di portare con voi un copertina da strofinare sulla mamma e i fratellini per imprimere il loro odore rassicurandolo durante le prime notti.

La sensibilità degli animali ai sismi è oggi confermata anche da un’approfondita indagine statistica che si è svolta in Giappone dopo il terribile tsunami del 2011.

I primi a essersene accorti erano stati i Greci, in seguito a un violento terremoto avvenuto nel 373 avanti Cristo.

Da allora, di ipotesi sul fatto che gli animali potessero predire catastrofi naturali se ne sono fatte tante.

Ma è stato dopo il terribile tsunami del 2011 in Giappone che la ricerca ha fatto un significativo passo avanti verso una dimostrazione scientifica dell’allerta anticipatoria di cani, gatti e altri animali domestici in vicinanza dei terremoti.

Il ricercatore Hiroyuki Yamauchi e il suo team hanno infatti deciso di studiare a fondo le loro reazioni in caso di cataclismi, raccogliendo le testimonianze di più di 1200 proprietari di cani e 703 di gatti: tutti avrebbero confermato atteggiamenti anomali degli animali a pochi minuti dal sisma.

È stato però, osservando i dati disponibili sulla produzione di latte giornaliera registrata dalle fattorie, che si è fatta la scoperta più interessante: molte mucche sparse per la nazione – a Ibaraki, a 340 chilometri dall’epicentro, e a Kanagawa e Shizouka – hanno infatti prodotto quantità di latte decisamente inferiori proprio il giorno dello tsunami, l’11 marzo del 2011.

Nel 60 per cento circa dei casi l’ansia degli animali, allertati grazie a olfatto, orientamento e sensibilità tattile più sviluppati rispetto all’uomo, si ha entro i due minuti che precedono l’impatto: un tempo sufficiente per far evacuare palazzi e abitazioni.

Ora, alla luce della rilevanza statistica degli episodi verificati, i ricercatori giapponesi stanno procedendo con l’analisi dei precisi meccanismi che possono innescare nei nostri fedeli compagni di vita la percezione della catastrofe naturale.

Sempre più spesso ammettiamo di provare per cani e gatti sentimenti quasi “genitoriali”: ecco cosa accade nel nostro cervello secondo recenti studi scientifici.

Il cervello umano percepisce gli amici a quattro zampe e i cuccioli di uomo nello stesso identico modo.

A dirlo è uno studio condotto presso il Massachusetts General Hospital, pubblicato sulla rivista scientifica PLOS ONE così come riportato sul testo integrale (Mass. General study suggests neurobiological basis of human-pet relationship).

Il merito della “scoperta” arriva ancora una volta dalla diagnostica per immagini.

Le relazioni genitoriali e quelle con gli animali domestici, infatti, attiverebbero le stesse aree del nostro cervello.

La ricerca si è svolta su un gruppo di donne sottoposte a varie analisi, tra cui la risonanza magnetica.

Nel corso dell’esperimento venivano loro mostrate in un primo momento le immagini dei rispettivi figli e animali domestici, poi altre foto di bambini e animali “estranei”, infine di oggetti “neutri”.

Cani e gatti hanno stimolato le aree del cervello che si attivano quando si provano emozioni come l’affetto, l’orgoglio e la cura del prossimo, proprio come nei confronti di un figlio, rimanendo invece “disattivate” verso gli scatti non familiari.

Ciò conferma due cose: che le aree del cervello deputate al riconoscimento degli stimoli visuali sono le più coinvolte nell’interazione con gli animali; e che la gran parte dei proprietari considera gli animali domestici come membri effettivi della famiglia. Proprio come i figli…