Selezione

La Regione Lombardia ha recentemente adottato la L.R. 29 GIUGNO 2016 n.15, con cui, tra l’altro, prevede – all’Art.105, comma e) – il divieto della cessione di cani e gatti di età inferiore ai 90 gg.

Art. 105 (obblighi e divieti) 1. E’ vietato: e) destinare al commercio cani o gatti …di età inferiore ai 90 giorni”.

Evidentemente stiamo facendo tendenza!!!

Sono 3 anni che lo diciamo (e, quando facciamo cucciolate, che lo mettiamo in atto)! Infatti i nostri cuccioli sono andati e vanno anche in Svizzera, dove da sempre è legge della Confederazione Elvetica che tutti i cuccioli non possano essere ceduti PRIMA dei 90 giorni.

Cerchiamo sempre di far capire, a chi ci contatta e/o ci legge, l’importanza fondamentale, in termini di pedagogia e di salute psichica e psico-fisica, del tenere MINIMO tutto il terzo mese un cucciolo (durante il quale, tra le altre cose, si verificano dinamiche uniche e fondamentali per l’accrescimento psico-fisico del cucciolo; ad es. durante quello – che va dall’8.va alla 12.ma settimana, quindi dal 50.mo all’84.mo giorno – che Campbell chiama “Fear Impact Period“).

Ma la realtà in Italia è ben diversa. Gli allevatori (specie nella nicchia del pastore svizzero) raccontano alla famigliola ignara, che cerca e prende un cucciolo (da loro), la favoletta che: < “…è fondamentale che il cucciolo vada nella nuova famiglia subito a 60 gg. perché deve iniziare a fare tutte le nuove esperienze.. in città, a passeggio per la strada, in mezzo ai rumori delle auto, motorini,  autobus…in ascensore e sulle scale mobili…etc.etc… per poter fare tutte le esperienze possibili di quel tipo….potersi “attaccare” meglio al nuovo “branco interspecifico” vivendo quelle esperienze… e, insomma, in tutte le situazioni umane quotidiane all’interno della nuova famiglia…etc.etc….e blablabla (..sennò poi si chiude la “finestra sociale”…e addio!”…e altri blablabla) >.

Come, peraltro, tanti altri, “tutte chiacchiere e distintivo” (e coppe, coppette e gagliardetti …e figurine panini?), che hanno criticato, da sempre, i punti fondamentali della nostra filosofia cinofila (v. alimentazione; cani sempre liberi; cani sempre in branco; costante presenza nel branco di altri pastori molossoidi; e tanto altro ancora).

E, ovviamente, non solo beceramente impegnati a sostenere che “è fondamentale che vada nella famiglia a due mesi!”, ma anche a criticare aspramente i cuccioli che uscivano, per scelta (voluta e precisa) “dopo il secondo mese” (come SOLO noi, nel PASTORE SVIZZERO BIANCO, abbiamo SEMPRE fatto – per quelle poche cucciolate fatte – avendo capito sin da subito l’importanza fondamentale, in termini di stabilità psichica, caratteriale e comportamentale, del consegnarli sempre dai 90 ai 120 giorni, MINIMO!).

Molti sostenevano (continuano a sostenere) che i nostri cuccioli avrebbero risentito (risentono) gravemente del fatto di non entrare nella quotidianità delle famiglie subito dopo il 60.mo giorno. O che la presenza di altre razze pastorali molossoide costituirebbe un fattore poco “edificante”. O che il fatto di tenere tutti liberi i nostri cani (di cui meno della metà dei pastori svizzeri, UNICI che riproduciamo saltuariamente) fosse diseducativo. O che fossimo degli “improvvisati che allevano nel giardinetto di casa“.

Laddove noi verificavamo, sui pochissimi ma selezionatissimi, cuccioli che ne uscivano soggetti assolutamente TETRAGONI psichicamente, sicuri di sé, scevri da paure e fobie, capaci di affrontare TUTTE le situazioni quotidiane, specifiche e interspecifiche (cioè con altri cani e con altre specie animali incluso l’uomo) in estrema scioltezza e con grande nonchalance (anche se certi tratti, molto peculiari, anzi UNICI, dei nostri cuccioli dipendono dal vivere in BRANCO, principalmente; e in mezzo a soggetti di razze pastorali psichicamente molto solide e caratterialmente molto forti e sicure di sè).

In altre parole, la sempre troppo sottovalutata e sminuita (per convenienza ed opportunismo principalmente) importanza dei cosiddetti “fattori ambientali”. Molto più comodo sostenere che “dipende tutto o quasi dal fattore genetico”. Soprattutto se un DNA non è MAI stato mappato (quindi MAI verificabile con strumenti genetici; come voler misurare la pressione arteriosa col termometro o la temperatura corporea con lo sfigmomanometro!).

Come magari, ad esempio, indagare, con uno strumento radiografico, una causa ritenuta genetica (o prevalentemente “genetica”; laddove invece, semmai, è prevalentemente “ambientale”; come la displasia e come evidenziato da SERIE riviste scientifiche internazionali di Medicina veterinaria – e NON da “chiacchiere da bar” – tipo l’ “Italian Journal of Animal Science – 2/06 – Vol.5 – April -June/2006“.

Un’articolo di oramai undici anni fa, disponibile anche su internet (**), purtroppo solo in inglese. Forse anche per questo ignorato dalla massa (mediamente già intontita dal solito disco rotto di “allevatori ufficiali” che (a parte la genealogia e poco altro, masticano poco di quasi-tutto, incluse le lingue straniere) e di certo mondo veterinario, con pochi scrupoli e/o non aggiornato professionalmente.

Certo mondo veterinario sempre pronto a fare terrorismo psicologico alla ignara famigliola di turno, che ha appena portato a casa il suo cucciolo – “di razza”, quindi famigliola presumibilmente “capiente” economicamente – per proporgli, allarmisticamente, costosi interventi chirurgici cui sottoporre il cucciolo AL PIU’ PRESTO POSSIBILE (“..sennò rischia di zoppicare tutta la vita!”) , di valore economico molto superiore a quello commerciale del cucciolo stesso; dando nessuna certezza ovviamente (“..è l’unica speranza cui ci possiamo aggrappare!”) – e facendo solo leva sul senso di colpa se la famigliola di turno non è disponibile a versare cifre assurde confermando di acconsentire al – tanto il più delle volte inutile, quanto costosissimo – intervento.

Morale? Avete rotto! Giù le mani da cuccioli di 5-8 mesi! Basta fare pericolose anestesie totali e invasive chirurgie a dei cuccioli di soli 5-8-12 mesi (magari solo per far fronte alle rate del leasing della Tac, – magari proposta per una feritina alla zampa, ci è stato riferito da una famiglia con un nostro cucciolo – e dei costosi macchinari e strumentazioni – magari proposti impropriamente e solo per aggiungere 800/1000 euro al conto  – di cui avete dotato le vostre “cliniche”)!

Ma siam fuori di testa? A un bambino di 10 anni, cui venisse fatta la lastra per verificare se è predisposto a contrarre la coxo-artrosi quando avrà 60-70 anni, gli si propone forse un intervento chirurgico in anestesia totale? E, ciò, solo per il timore che, 50 anni dopo, potrebbe, FORSE, manifestare i sintomi di quella stessa patologia “pre-vista”, “pre-leggendo” lastre fatte (anche lì bisognerebbe vedere “eseguite come”) quando ha solo 10/12 anni?

E che, semmai, dipenderà da quello che gli succederà, dallo sport che praticherà, dai cibi che ingerirà, dai traumi che eventualmente riceverà, nei successivi 50 anni. E lo si opera “preventivamente” a 10/12 anni?!? E, quel che è peggio, sulla base di una “lettura” (quindi una “stima”, una “interpretazione” – non certo una “DIAGNOSI”!) di quello che FORSE sarà mezzo-secolo dopo? Di cui, FORSE, si creeranno le premesse solo nel corso del successivo mezzo-secolo?

Un medico ortopedico di Medicina umana che proponesse – ma soprattutto che procedesse con queste premesse – a un intervento chirurgico del genere, verrebbe come minimo radiato dall’Ordine dei Medici Chirurghi (poi, sicuramente, rinviato a giudizio, di fronte a un magistrato; anche se, moralmente, andrebbe arrestato appena uscito dalla sala operatoria!).

La Natura, ben più lungimirante fortunatamente, ha ben superiori e ben più efficaci risorse (anche qualora fosse che non è uscito il “cucciolo bionico”, l'”Animale Perfetto”….che poi non esiste o che esiste solo nell’Iperuranio del vostro cinismo, cari “allevatori” – anche per questo: fieri di non esserlo, “allevatori”! – e veterinari di certo mondo cinofilo!).

(**) http://www.tandfonline.com/doi/abs/10.4081/ijas.2006.107

Tornado al carattere. Cosa fondamentale, questa (l’essere TETRAGONI psichicamente), tenuto conto soprattutto del fatto che il pastore svizzero bianco (moderno, perlomeno) è tutt’altro che una “razza canina forte” e tende, semmai, ad essere un Cane – per quanto sempre molto affettuoso e docile con la famiglia con cui vive – molto insicuro, molto timido, molto diffidente (come tanti proprietari di pastori svizzeri, non nostri, anche di 2-3-4 anni , ci riferiscono regolarmente, telefonandoci o scrivendoci per chiedere consigli e suggerimenti).

Ora, tutta questo mondo, questo “sotto-bosco” cinofilo-allevatoriale, “interventista” (chirurgicamente), “ufficiale”, con/senza affisso” (noi, ne siamo fuori; abbiamo semplicemente registrato la nostra dicitura non come “allevamento”, ma come “protocollo di allevamento” – presso la CCIAA, perchè  CREDIAMO nella nostra “filosofia cinofila”. Stop)..questo – dicevo – sotto-bosco allevatoriale (pettegolo, petulante, snobisticamente altezzoso e ieraticamente autoreferenziale) comincerà a capire, anche in termini di “sbattimento”, che cosa significhi tenere una cucciolata un ulteriore mese MINIMO (senza comunque, nemmeno lontanamente avvicinarsi alla nostra filosofia, dato che – quando li facciamo – i nostri cuccioli restano comunque sempre un ulteriore mese, fino a 112-120 gg.). Sempre che voglia ottemperare alla nuova normativa e non dichiari che son nati 30 o 20 o 10 gg. prima!

Oramai da troppo tempo ci criticano tutti …ci offendono.. ci diffamano (mai esplicitamente, mai menzionando il nostro nome – temendo le nostre reazioni, soprattutto legali …e fanno molto bene! ODERINT DUM TIMEANT)… semplicemente alludendo velatamente a noi in pubblico (su internet), salvo poi, in privato, fare nomi, cognomi e soprannomi (solita italica “audacia”).

Non solo. Ci demonizzano, terrorizzano psicologicamente chi cerca cuccioli (anche quando non ne hanno, di cuccioli. “..noi non ne abbiamo, ma non prendeteli da quelli là! Sono cagnari! Fanno cani displasici! Non li sanno fare! Li fanno solo occasionalmente! “ e così via)… e i deboli e poveri di spirito (e, soprattutto, di pensiero critico) ci cascano come fagiolini sull’insalata. Senza sapere di farci, però, un ENORME favore, perché scremano a monte coloro che non sono idonei a prenotare (e, successivamente, prendere in consegna) i nostri cuccioli.

Tutto sommato fanno come con l’uva della volpe di Fedro: NONDUM MATURA EST.

Scusate il lungo post. Grazie, se siete arrivati sin qui. Ma la soddisfazione per questa notizia (i 90 gg. della Lombardia; e delle Marche) è stata – ed è – grande. Anzi, enorme. Ci ha immerso in un mare di contentezza. Di euforia. E il naufragar c’è dolce in questo mare…

I più antichi scheletri di cani scoperti risalgono a circa 30.000 anni dopo la comparsa dell’uomo di Cro Magnon (Homo sapiens sapiens).

Sono sempre stati esumati in associazione a resti di ossa umane ed è per questa ragione che hanno meritato il nome di Canis familiaris (10.000 anni fa).

Sembra logico pensare che il cane domestico discenda da un canide selvatico preesistente.

Tra questi potenziali ascendenti troviamo il lupo (Canis lupus), lo sciacallo (Canis aureus) e il coyote (Canis latrans).

Le somiglianze tra cane e lupo

Le somiglianze tra cani e lupi complicano il lavoro dei paleozoologi alle prese con il riconoscimento di resti di lupo e di cane incompleti o quando il contesto archeologico rende la convivenza poco verosimile.

In effetti, il cane primitivo si differenzia dal suo antenato solo per qualche dettaglio poco affidabile, come la lunghezza della canna nasale, l’angolazione dello stop e la distanza tra i denti canini e i premolari superiori.

Inoltre, il numero di canidi, che erano predatori, era sicuramente molto inferiore a quello delle loro prede, il che riduce di conseguenza le probabilità di ritrovarne i fossili.

Tutte queste difficoltà, alle quali si aggiungono le possibilità di ibridazione tra cane e lupo, permettono di capire perché restano ancora da scoprire molti anelli della catena delle origini del cane e soprattutto le forme di transizione tra Canis lupus variabilis e Canis familiaris che forse un giorno permetteranno di decidere tra le varie teorie.

Si noti tuttavia che la teoria “diffusionista”, che attribuisce alle migrazioni umane la responsabilità dell’adozione del cane primitivo, non esclude la teoria “evoluzionista”, che sostiene che le varietà di cani sono originate dai vari centri di addomesticamento del lupo.

La domesticazione del lupo

La scoperta di impronte e di ossa di lupi nei territori occupati dall’uomo in Europa risale a 40.000 anni fa benché il loro reale utilizzo da parte dell’Homo sapiens non sia ancora stato riscontrato su affreschi preistorici.

A quell’epoca, l’uomo non era ancora sedentario e si nutriva dei prodotti della caccia, quindi seguiva le migrazioni delle sue prede.

I cambiamenti climatici – fine di un periodo glaciale e riscaldamento brusco dell’atmosfera – che si sono verificati circa 10.000 anni fa, hanno portato alla sostituzione delle tundre con le foreste e, a causa di questo, alla scomparsa di animali come mammut e bisonti a vantaggio di cervi e cinghiali.

Questo calo di animali utilizzati anche come alimentazione ha obbligato l’uomo a trovare nuove soluzioni di caccia, rivoluzionando anche il modo in cui andava a caccia delle prede.

Si trovarono allora in concorrenza con i lupi, che si nutrivano delle stesse prede e utilizzavano gli stessi metodi di caccia in branco facendo ricorso ai “battitori”.

L’uomo ha quindi dovuto, in modo del tutto naturale, tentare di rendere il lupo un proprio alleato nella caccia cercando, per la prima volta, di addomesticare un animale molto prima di diventare sedentario e di allevare il bestiame.

Il cane primitivo era quindi indiscutibilmente un cane da caccia e non un cane da pastore.

Per Ray Coppinger (biologo dell’evoluzione che lavora negli Stati Uniti ed è molto noto per i suoi lavori sul cane da utilità), alcuni lupi accettarono di avvicinarsi all’uomo per ottenere cibo e trasmisero quindi questo nuovo comportamento ai loro discendenti.

Altri scienziati sono contrari a questa teoria e ritengono che in tutto il mondo gli uomini preistorici abbiano pazientemente selezionato i lupi più docili all’interno di “allevamenti”, ottenendo nel corso delle generazioni un animale che, in cerca di affetto, era sempre più giocherellone e sottomesso all’uomo.

La domesticazione del lupo accompagna dunque il passaggio dell’uomo dal periodo di “predazione” a quello di “produzione”.

Sicuramente, è iniziata con l’addomesticamento di alcuni individui.

Anche se il processo di addomesticamento deve essere ripreso daccapo alla morte di ogni individuo, esso costituisce nondimeno la prima fase indispensabile per portare alla domesticazione di una specie che comprende, in una seconda fase, il controllo della riproduzione.

La domesticazione del lupo è iniziata senza dubbio in Oriente ma non è stata realizzata in un solo luogo, né dall’oggi al domani, se si fa riferimento ai numerosi centri di domesticazione scoperti nei siti archeologici.

È stato necessario fare svariati tentativi, in differenti punti del globo, su giovani lupacchiotti provenienti da diversi gruppi per portare a un imprinting irreversibile con l’uomo, durante il loro periodo neonatale, poi al rifiuto dei consimili, fasi che caratterizzano il successo della domesticazione.

Questo successo è stato senza dubbio favorito dall’attitudine naturale dei lupacchiotti a sottomettersi alle regole gerarchiche di un branco.

Anche se alcuni lupacchiotti femmina, diventati adulti, hanno potuto a volte essere fecondati da lupi selvatici, i prodotti di questi accoppiamenti, allevati nelle vicinanze dell’uomo, hanno subito ugualmente questo imprinting intraspecie, limitando le possibilità di ritorno allo stato selvatico.

Dal lupo al cane

Come in ogni domesticazione, l’asservimento del lupo è stato accompagnato da numerosi cambiamenti morfologici e comportamentali in funzione della nostra stessa evoluzione.

I cambiamenti osservati sugli scheletri, ad esempio, testimoniano una sorta di regressione giovanile, chiamata “pedomorfosi”, come se questi animali, diventati adulti, avessero mantenuto con il passare delle generazioni caratteristiche e comportamenti immaturi: riduzione delle dimensioni, accorciamento della canna nasale, uno stop più marcato, abbaiamento, gemiti, atteggiamenti ludici ecc., che fanno affermare a certi archeozoologi che il cane è un animale in via di speciazione, rimasto allo stadio di adolescenza e la cui sopravvivenza dipende interamente dall’uomo.

Paradossalmente, questo fenomeno è accompagnato da una riduzione del periodo di crescita, che porta all’anticipazione del periodo della pubertà, permettendo così un accesso alla riproduzione più precoce, il che spiegherebbe perché, ai giorni nostri, la pubertà è più precoce nelle razze di cani di piccola taglia rispetto a quelli di grossa taglia e, in tutti i casi, più precoce di quella dei lupi (circa due anni).

Parallelamente, la dentatura si adatta a una dieta più onnivora che carnivora, dato che i cani domestici hanno potuto “accontentarsi” dei resti alimentari degli uomini senza dover cacciare il loro cibo.

Questa sorta di “degenerazione” che accompagna la domesticazione si ritrova anche nella maggior parte delle specie, come la specie suina (accorciamento del grugno) o anche nelle volpi di allevamento che possono adottare, in una ventina di generazioni soltanto, un comportamento da piccoli cani.

La relazione domestica sembra andare dunque contro l’evoluzione naturale, a meno di considerare l’uomo parte integrante della natura e dunque, a sua volta, una sorta di tecnica di selezione.

canidi

Cane e lupo: animali molto simili, tanto che spesso si afferma che uno discenda dall’altro.

In realtà di questo non si è certi, visto che la somiglianza tra i resti fossili di queste specie non consente di dare una risposta precisa.

Il cane ha comunque origini remote nel tempo ed è interessante scoprire come esso ad un certo punto si sia separato dagli altri animali selvatici per evolversi in sintonia con gli esseri umani.

L’’esame della fauna selvatica mette in evidenza almeno quattro tipi contemporanei di “cani selvatici”:

  • il dingo, l’unico mammifero placentare (oltre all’uomo) presente in Australia nel XVIII secolo (arrivo degli europei);
  • il dhole, cane che vive in Asia e che si è adattato particolarmente bene alle foreste molto fitte;
  • il licaone, cane africano che vive nelle savane alberate del Sud Sahel e dell’Africa orientale;
  • il Cane Canoro della Nuova Guinea, un cane autoctono che “canta” ma non abbaia.

Lo studio di questi cani selvatici da parte di alcuni gruppi di scienziati dimostra, contrariamente a quanto è stato descritto per il lupo, che la nozione di docilità non è il risultato di una qualche forma di immaturità, bensì di una forte capacità di appropriarsi dell’’ambiente umano.

Per questi autori, lo stesso si può dire per i cani randagi, la cui popolazione è stimata in oltre 300 milioni di individui sulla terra, i quali vagano liberamente in mezzo agli uomini, nelle campagne, nei villaggi e nelle città.

Nei paesi poveri, questi cani dall’’aria anonima sono tollerati perché svolgono il ruolo di spazzini e anche di sentinelle, dando l’’allarme in caso di catastrofe naturale, di presenza di animali feroci o più semplicemente di visitatori.

Gli scavi archeologici sembrano far risalire ad almeno 12.000 anni fa i primi cani addomesticati in Eurasia e in Medio Oriente.

Nel contempo sembra che nessuno scheletro di una forma di passaggio “tra lupo e cane” sia stato scoperto (la grotta del Lazaret nel sud della Francia, datata a 12.500 anni prima della nostra era, presenta un cranio di lupo disposto all’’ingresso di ogni riparo).

Considerando i vari morfotipi di cani ritrovati fino ad oggi (cani leggeri di Mesopotamia, molossoidi dell’’Europa settentrionale) è quindi del tutto possibile ritenere che in luoghi distanti e in periodi distinti vari tipi di cani selvatici che si aggiravano intorno agli accampamenti umani si siano progressivamente abituati all’’uomo.

In tale ambito, l’’uomo li avrebbe addomesticati adottando i meno selvatici e sfruttando le capacità di socializzazione dei piccoli.

Le caratteristiche del pastore svizzero bianco sono da ricercare per alcuni aspetti in quello che noi conosciamo come pastore svizzero tedesco.

Sono svariati, infatti, i tratti che lo avvicinano al suo antenato sia dal punto di vista caratteriale che fisico.

Le due razze canine sono di indole equilibrata, docile, giocosa, hanno un corpo agile, muso e coda simili, eccezion fatta per il colore del pelo.

Il folto pelo bianco del pastore svizzero, all’inizio, era considerato sinonimo di albinismo e di geni recessivi, quindi inferiore, per certi versi, al pastore svizzero tedesco.

Le caratteristiche del pastore svizzero bianco, comunque, sono tali da rendere unica e piuttosto ricercata questa razza canina, riconosciuta ufficialmente dalla FCI, soltanto nel 2011.

Le principali peculiarità del cane da pastore svizzero sono da ritrovare nella coda ricurva, piuttosto corta e con un’attaccatura più bassa rispetto al suo antenato.

Pelo folto, occhi a mandorla, leggermente obliqui e tendenti al color bruno, orecchie di forma triangolare ed erette, proporzioni contenute e testa e corpo perfettamente allineati.

L’altezza del pastore svizzero bianco varia dai 60 ai 66 cm circa per il maschio, mentre dai 50 ai 60 cm per la femmina.

Così anche per il peso, dai 30 ai 40 g per il maschio e dai 25 ai 40 kg per la femmina.

Dal punto di vista caratteriale, invece, non c’è differenza tra maschio e femmina, quindi tutti gli esemplari che rientrano in questa razza canina, sono per nulla aggressivi, hanno ottime capacità di apprendimento e attenzione, temperamento equilibrato e docile.

Tutte queste peculiarità fanno sì che il cane da pastore svizzero sia particolarmente adatto al ruolo da compagnia, oggi molto più diffuso rispetto al quello di guardia di bestiame e terreni di un tempo.

Le caratteristiche del pastore svizzero, quindi, rappresentano più di un punto a suo favore, se si decide di acquistarlo come cane da compagnia e in famiglia, perché, appunto, sono sinonimo di sicurezza e affidabilità.

Ovviamente, bisogna tenere conto dei suoi tratti caratteriali e fisici, in modo da dar una continuità al suo sviluppo educativo e fisico, che parte dai primissimi mesi di età, 3-7 mesi circa, fino all’età adulta, tenendo sempre bene a mente che potrebbe arrivare anche all’età di 16 anni, nella maggior parte dei casi.

Come per tutte le razze di taglia grande anche quella del Pastore Svizzero richiede particolare attenzione per far sì che il suo fisico rimanga agile e non si appesantisca, l’alimentazione deve essere sana, con un corretto apporto nutritivo.

Per il benessere psichico, ma anche dell’apparato muscolo-scheletrico, è opportuno far praticare al cane da pastore svizzero bianco attività come lo sheep-dog e l’agility.

Dal punto di vista di vista estetico, ultimo, ma non meno importante se si parla di igiene, sono necessari un bagno mensile e delle spazzolate, una o due volte a settimana, per eliminare il pelo in eccesso, ma soprattutto le impurità che vi si annidano quotidianamente e far risultare il folto pelo bianco ancora più bello e sano.

I cani domestici sono, come ormai tutti sanno, il frutto dell’addomesticamento del lupo (Canis lupus), processo lungo e graduale che ha completamente trasformato e travolto l’animale selvatico, timido, ombroso, estremamente impulsivo e reattivo, per portare nelle nostre case una creatura docile e mansueta.

Questo processo è iniziato circa 20.000 anni fa, è dimostrato da alcuni scheletri fossili ritrovati in sepolture umane.

Il più antico in assoluto si trova in Ucraina, ma la gran parte dei reperti appartiene al Medio Oriente, dove inizia anche il modo di vivere Stanziale, quando da cacciatore-raccoglitore, l’uomo diventò proto agricoltore e nacquero i primi villaggi.

Occorre ricordare che i fossili di cane sono rarissimi, proprio come quelli della nostra stessa specie, infatti sono animali atletici e agili che difficilmente muoiono impantanandosi in paludi, che poi facilitano la fossilizzazione (come invece accade ai Mammuth o ai rinoceronti lanosi, di cui abbiamo tanti scheletri completi).

I cani preistorici muoiono nelle foreste dove sono vissuti, dove nessuno li troverà mai. E per trovarli ricorriamo appunto ai siti umani che, studiati a fondo, ci permettono di scovarli, a volte tra le ossa consumate come cibo, insieme a quelle di cervi, capre selvatiche, cavalli e degli altri innumerevoli animali di ci siamo nutriti, altre volte, invece, sono seppelliti con cura, persino a fianco di un uomo o di una donna.

Sono proprio queste ultime sepolture a dirci che la relazione fra uomini e cani era cambiata diventando affettiva, al punto da volere con sé l’amico di tante avventure in vita, anche nell’ultimo viaggio.

Attraverso queste poche povere ossa ci arriva, quindi, un segnale significativo, per noi spettatori della storia: il cane ha conquistato un posto speciale nell’anima dell’uomo, e non lo lascerà più.

Indubbiamente il percorso dell’addomesticamemto dei lupi ha rappresentato un enorme vantaggio per l’umanità, sopratutto quando per sopravvivere si doveva cacciare e uccidere prede abbastanza grandi da permettere di sfamare una famiglia.

E le prede grandi e grosse, come ad esempio un cervo, non si lasciano catturare senza combattere, questi animali sono quasi sempre forti e bene equipaggiati per difendersi dai predatori, come siamo stati noi per moltissimo tempo.

Avere il cane permette di cacciare tenendosi a distanza di sicurezza, con risultati decisamente migliori.

Ma la prima utilizzazione del cane non è stata quella di cacciatore segugio.

Le popolazioni primitive usano i cani come “coperte” per la notte, gli aborigeni australiani ancora dicono “è stata una notte da tre cani” per sottolineare quanto freddo ha fatto, tanto che ci sono voluti ben tre cani per scaldarsi.

Non dimentichiamo, infatti, che l’addomesticamento dei lupi è avvenuto durante l’ultima glaciazione, il clima era diverso da ora.

Altrettanto importante è stata la scoperta che i cani tenuti all’interno dei giacigli erano dotati di udito e olfatto finissimi, capaci di percepire un predatore quando ancora era lontano e dare l’allarme, permettendo alla famiglia umana di dormire tranquilla  e sollevando le persone dalla necessità di darsi turni per vegliare.

I primi cani da guardia, gli stessi che oggi, se tenuti nelle nostre case, o meglio, nelle nostre camere, forniscono ancora identiche garanzie.

I cani, crescendo ne gruppo sociale umano, ci considerano la loro famiglia, di conseguenza sono pronti a difendere il territorio dove vivono e, spesso, anche le persone stesse (oggi vengono chiamati cani da difesa).

Un vantaggio senza prezzo nel mondo selvaggio, pieno di predatori silenziosi a quattro e due zampe.

Ma non dobbiamo sottovalutare il piacere che la semplice presenza dei cani può dare, per esempio ai bambini, dei quali prestissimo diventano compagni di giochi preferiti e condizionanti nell’evoluzione della specie.

Gli unici cani che sono rimasti accanto all’uomo sono stati quelli più docili e mansueti, quelli meno reattivi e impulsivi, certamente quelli meno aggressivi e pericolosi, tutti gli altri sono stati allontanati.

La prima fondamentale e vincolante forma di selezione, anche ante litteram, è stata quella di non permettere ad animali pericolosi di restare presso di noi, e questo criterio, semplice a rigido, ha trasformato pian piano il comportamento del lupo in quello più tranquillo e socievole dei nostri cani domestici.

Questa trasformazione è avvenuta attraverso la riproduzione dei soli soggetti adatti al nostro stile di vita. Criterio ancora oggi valido.

Il Pastore Svizzero Bianco (Berger Blanc Suisse) è un cane di medie dimensioni, ben equilibrato e muscoloso.

È diventato uno dei cani più versatili da lavoro a stretto contatto con l’uomo, anche socialmente utili, grazie al suo alto grado di intelligenza e senso di lealtà.

Comunemente conosciuto come Pastore Svizzero, questa razza ha origine del Cane da Pastore Bianco e dal Pastore Tedesco.

Il colore bianco come la neve lo rende un cane caratteristico e facilmente riconoscibile.

Il Pastore Svizzero ha un carattere dolce e accomodante, ma è molto disponibile e in grado di proteggere la sua famiglia. La sua grande lealtà verso l’uomo e l’amore per i bambini, lo fanno un ottimo cane da famiglia.

In cinque parole si può definire il Pastore Svizzero come: dolce, intelligente, facile da educare, riservato, obbediente. 

Il Pastore Svizzero è un cane molto intelligente, giocoso, leale, sociale, e gentile. 

Sono curiosi e molto facili da addestrare. Vanno d’accordo con gli altri cani e animali domestici.

Grazie al suo fisico atletico e alla sua voglia di lavorare, sono l’ideale per tutti i tipi di attività come cane da pastore, obbedienza, agility, guardia e protezione della casa.

Il Berger Blanc Suisse può competere in prove di agility, obbedienza, esposizioni, flyball. È in grado di essere un ottimo cane da ricerca e soccorso, protezione civile.

Il Pastore Svizzero è un cane dai modi gentili, molto intelligente e con ottime capacità di apprendimento.

Fedelissimo alla sua famiglia e può essere diffidente verso gli estranei sconosciuti, ma non deve mai mostrare un comportamento timido o pauroso.

Una buona spazzolatura quotidiana servirà per ridurre la perdita di pelo al minimo.  Il bagno dovrebbe essere limitato a solo una o due volte all’anno, al fine di evitare l’esaurimento del sebo contenuto nel pelo.

Come altre razze di taglia media e grande può soffrire di alcune patologie ereditarie come displasia dell’anca e del gomito, quindi è sempre buona regola affidarsi solo ad allevatori seri che accoppiano solo soggetti controllati e sani.

Come siamo soliti rispondere ai tanti che ci contattano e che, come legittimo (specie in questi tempi di crisi), tout court ci chiedono “Quanto costa un cucciolo?“, diciamo subito che – per come la vediamo noi – la “vita”, in sé, del cucciolo è …GRATIS!

Invero, il corrispettivo da sostenere va a coprire, essenzialmente, le “spese vive” sostenute nel tempo e il “tempo umano” dedicato, sia alla specifica cucciolata (quindi nei 6 mesi precedenti, 2 di gestazione e 4 in allevamento) che all’intero contesto allevatoriale (quindi, diciamo, ab ovo).

C’è una ampia gamma di prezzi leggendo delle tante cucciolate che si trovano quotidianamente sugli annunci in internet e che possono andare da poche centinaia di euro fin’anche a quasi un paio di migliaia di euro. Le differenze possono essere dovute a tanti fattori. Dipende. Può dipendere dal fatto di essere “con” o “senza” pedigree (peraltro, anche se non ci riteneniamo fanatici di una “razza”, è obbligatorio per legge cedere qualsiasi cane “di razza” munito del suo pedigree; poi, essenzialmente, essendo appassionati della “specie” CANE in generale, riteniamo che TUTTI i cani – anche quelli “senza pedigree”, non “di razza”, oltre che i cosiddetti “meticci” o, più brutalmente, “bastardi” – possano avere, soggettivamente, un “valore” spesso inestimabile; ma il pedigree, per quelli “di razza”, è rigorosamente obbligatorio). Possono essere nati da soggetti poco conosciuti, o sconosciuti, o non visibili al momento della consegna al nuovo proprietario. Possono essere con o senza documentazione che ne attesti il buono stato di salute, psichica e fisica. dei cuccioli oltre che dei genitori. Etc.etc..

Un “capobranco” umano – che operi con PASSIONE; che alimenti tutti i cani del suo “branco” (inclusi i cuccioli, svezzati intorno ai 30 gg. con il rigurgito della madre) con carne cruda fresca (acquistiamo mediamente un paio di quintali di carne  fresca alla settimana, recandoci 2-3 volte a settimana in macelleria, per tutti i nostri cani!); che si prenda costantemente e regolarmente cura di loro; che viva (e dorma) con (alcuni di) loro; che utilizzi soggetti con genealogia e provenienza certa, cercando di fare accoppiamenti da cui ottenere cuccioli forti e sani, fisicamente e psichicamente; che li tenga MINIMO 3 MESI (come dovrebbe essere per ogni cane, “di razza” e non); che li faccia crescere, LIBERI, in un contesto di BRANCO (multirazziale, composto da una ventina di cani di cinque razze diverse) anch’esso completamente libero, su un territorio, recintato di circa mezzo-ettaro e, ciò, esclusivamente allo scopo di ottenere cuccioli (di pastore svizzero bianco, gli unici che riproduciamo) SOCIALIZZATI nel migliore dei modi – un capobranco umano così, dicevo, dovrà sostenere costi molto elevati.

Aver a che fare quotidianamente con una ventina di cani (oltre ai cuccioli, un paio di volte all’anno), liberi, su un ampio territorio, è molto facile da scrivere: da fare – comandandoli a bacchetta (anzi “a fischio”) – un po’ meno.

I commercianti di cani o i negozi (ma, talvolta, anche “ieratici” allevatori) che propongono cuccioli quasi fossero scarpe (usate) o automobili (con carrozzeria impeccabile, ma “motore” scadente), incuranti delle condizioni, fisiche e psichiche, in cui il cucciolo nasce, cresce e si sviluppa, di come vive e/o ha vissuto nei primi due (ma dovrebbero essere come minimo TRE) mesi di vita, può mettere in circolazione soggetti con notevoli problemi (soprattutto psichici) che il cane si porterà dietro per tutto il corso della sua vita!

La famiglia, che ha appena accolto il nuovo “membro”, entrerà così nel “tunnel” delle problematiche, comportamentali del proprio cane (“troppo aggressivo”; o “troppo timido e pauroso”; o “troppo agitato”; o, semplicemente, “troppo disobbediente”), difficili e spesso molto costose da risolvere  – se mai risolvibili – con l’intervento di educatori cinofili (con i quali, magari, il vostro cane “funzionerà”; salvo poi “smettere di funzionare” non appena tornerà a casa da voi); per non menzionare quelle sanitarie.

Il cucciolo nato e cresciuto in spazi inadeguati, alimentato male sin dall’inizio (e figlio di genitori alimentati altrettanto male, da sempre), a cui NON venga data la possibilità, per ALMENO TUTTO IL 3° MESE (quello che Campbell definisce “FEAR IMPACT PERIOD”), di rimanere CON LA MADRE (e, ove presente, anche con tutto il BRANCO) e di SOCIALIZZARE con tutti i suoi fratelli/sorelle (oltre che con tutti gli altri membri del branco), che non svolga adeguata e sufficiente attività fisica, che quindi non sviluppi un sistema immunitario forte (quindi costantemente malaticcio, da portare, spesso, dal veterinario e per il quale comprare, spesso, costosi farmaci; per non menzionare gli ancor più costosi interventi chirurgici, tanto spesso superflui, quanto sempre più “di moda”) – un cucciolo così, dicevo, tutto sommato fa comodo al “sistema”.

Le prime fasi di vita del cucciolo sono FONDAMENTALI per una CORRETTA SOCIALIZZAZIONE e uno SVILUPPO EQUILIBRATO della sua personalità (anzi, della sua… “caninità“!).

Il nostro obiettivo è proprio questo: allevare cuccioli che diventeranno (e lo diventano T-U-T-T-I, invariabilmente!) cani perfettamente “godibili in famiglia” e “socialmente fruibili”, senza alcun problema comportamentale, sia dentro, che fuori casa, sia con gli umani che con i loro simili a quattro zampe (oltre che con altri animali: gatti e non solo), molto PROTETTIVI con neonati, bambini e adolescenti, ma anche (in contro-tendenza con la razza) formidabili GUARDIANI della proprietà (quanto ad “avviso acustico”: il Pastore Svizzero resta, comunque, una razza “non-programmata” per andare sull’uomo).

Con le famiglie che prendono i nostri cuccioli rimaniamo SEMPRE in contatto PER TUTTA LA VITA DEL CANE: un impegno, questo, non soltanto “a parole”, ma soprattutto concreto e reale, dato che lo facciamo – anzi, lo stiamo FACENDO davvero, anche tramite gruppi Facebook dedicati – per tutte le cucciolate precedenti.

Questa è la nostra VOCAZIONE – anzi la “missione” cinofila che ci siamo assegnati – e TUTTI i riscontri fino ad oggi ricevuti, oltre che l’entusiasmo e la soddisfazione di TUTTE le famiglie, ci stanno facendo chiaramente capire che stiamo andando nella direzione giusta!