Cucciolo come regalo di compleanno? No grazie !

La pubblicità è l’anima del commercio. Di solito siamo spinti all’acquisto di un “prodotto” perchè l’abbiamo visto pubblicizzato in TV in uno spot accattivante, con belle immagini o con un motivo musicale che ci è rimasto in testa.

Purtroppo questo meccanismo non dovrebbe valere per tutti i nostri acquisti.

Quando decidiamo di inserire nella nostra vita un compagno a quattro zampe non dobbiamo farlo perchè abbiamo visto una pubblicità.

Ciò che, invero, è accaduto in passato per alcune razze divenute famose perchè protagoniste di un film o di una pubblicità appunto (ad es. dalmata dopo “La carica dei 101” della Disney).

Per evitare che accada questo un ruolo fondamentale lo svolge (lo dovrebbe svolgere) l’allevatore, agendo in modo responsabile.

Innanzitutto deve conoscere molto bene la razza che ha scelto di riprodurre, in termini di carattere prima di tutto. Poi è fondamentale che conosca le caratteristiche comportamentali dei soggetti delle linee di sangue che riproduce. Infine, ogni singolo soggetto di una cucciolata. E, per fare questo, non bastano sicuramente i canonici “60 gg.” previsti come minimo di legge (ma, come minimo, 90 se non di più).

In questo, premiante è soprattutto l’atteggiamento di chi propone una sola razza (o, tutt’al più, due).

Inoltre, per poter fare una buona “selezione” tra i futuri proprietari di un cucciolo, deve investire Tempo, per conoscere la personalità e lo stile di vita della persona/famiglia che richiedee e desidera avere un suo cucciolo combinandoli, al meglio, con la “caninità” dimostrata da ogni singolo soggetto di una cucciolata, dei soggetti appartenenti alle linee di sangue che riproduce, appartenenti a quella specifica razza.

Oggi si parla solo e si dà grande risalto alla “selezione” dei soggetti per la riproduzione, esclusivamente sotto il profilo della genealogia e della esenzione da malattie ereditarie, facendo il più delle volte solo “terrorismo psicologico” sul fronte di una o due possibili patologie (la manifestazione dei cui sintomi sono il più delle volte funzione molto più dei “fattori ambientali” – alimentazione, attività fisica nei primi 18-24 mesi, peso-forma, traumatismi, ecc.ecc. – che di quelli “genetici”) a fronte di oltre 400 patologie del Cane della cui eziologia la Medicina Veterinaria conosce poco o nulla.

Parallelamente, si fa sempre, implicitamente, l’ipotesi che il “comportamento” del cucciolo e futuro cane, dipenda solo ed esclusivamente dal “fattore genetico”. Ciò è sbagliato, a nostro parere.

E’ fondamentale, ai fini della formazione della “caninità” e di tutta la gamma delle varie manifestazioni comportamentali della stessa di ogni singolo soggetto, tutto ciò che succederà al cucciolo dal momento in cui nasce (o, addirittura, dal momento in cui viene concepito) e sino al momento in cui verrà ceduto al nuovo proprietario. In altre parole, quella che in etologia viene definita “impregnanza“.

La quasi-totalità degli allevatori cinofili moderni si preoccupa solo di evidenziare l’albero genealogico dei genitori dei cuccioli che propongono, sciorinando la solita serqua di “titoli” (coppe, coppette, coppettine, coccarde, gagliardetti e quant’altro) spesso acquisiti in circuiti e con modalità del tutto autorefenziali (e che, il più delle volte, lasciano indifferenti la persona o la famiglia che cerca un cucciolo con “garanzie” circa il futuro comportamento del cucciolo, allorchè diventerà un cucciolone e un cane adulto.

Ben pochi, invece, sono in grado di predire futuro comportamento del singolo soggetto, del suo equilibrio psichico, della sua “godibilità” in famiglia e “fruibilità” in società. Soprattutto di fare ed azzeccare gli abbinamenti tra ogni specifica “caninità” di ogni singolo cucciolo e quello che sarà il contesto umano e le varie “personalità” umane ivi presenti (branco interspecifico) in cui si prevede di inserire cucciolo una volta ceduto.

A questo punto si può già intuire la pericolosità rappresentata da uno spot pubblicitario nell’influenzare il processo decisionale di una famiglia che stia valutando l’inserimento prima di tutto di un Cane, poi anche di un cane di una specifica razza, nel proprio contesto familiare e nella propria quotidianità.

L’allevatore (veramente) responsabile, oltre a rispettare il Cane per quello che è (cioè un animale appartenente alla famiglia zoologica dei Cànidi, animali essenzialmente da branco, tendenzialmente carnivori; quindi, prima di tutto, alimentandoli e facendoli vivere secundum naturam, in libertà e, possibilmente, in branco) deve innanzitutto capire e inquadrare il contesto ambientale umano in cui andrà a vivere il cucciolo e le motivazioni che spingono la persona/famiglia, potenziali candidati per l’adozione, non solo adottare un Cane, ma soprattutto ad adottare quel tipo (razza) di Cane.

Assodato ciò, in caso di valutazione positiva diventa poi compito dell’allevatore conoscere bene la “caninità” di ogni singolo soggetto della cucciolata per arrivare ad individuare quello più adatto per ognuno dei candidati (in altre parole: “Qquale cucciolo a chi”).

Spesso, infatti, non ci sono le condizioni adatte per poter inserire un cane nella nostra vita.

Come già detto, decidere di convivere con un cane (ma anche con un gatto e/o con altri animali domestici) non è obbligatorio per legge!

I più non capiscono che, prima di Spazio, il Cane ha bisogno soprattutto di Tempo

Non importa che uno abbia a disposizione decine di ettari di terreno, quando poi trascorre tutto il giorno al lavoro (magari chiuso in un ufficio), senza potere/volere portarsi appresso il proprio cane, e ritorna a casa la sera tardi, con il cane che rimane solo gran parte della giornata.

Questa non è la situazione né ideale, tanto meno idonea per avere un cane, quindi tanto meno per prendere un cucciolo di Cane.

Importante, come detto, non è solo individuare la razza giusta e, all’interno di quella razza, le linee di sangue e l’allevamento giusto, ma soprattutto il soggetto giusto (compito, quest’ultimo, che incombe sull’allevatore, previo approfondita conoscenza dell’umano che ricerca un cane di quella razza).

E’ fondamentale dunque conoscere lo stile di vita del futuro proprietario, le sue abitudini, la composizione del suo nucleo familiare, il tipo di lavoro, gli impegni quotidiani di tutti i componenti la famiglia, tanto nei giorni feriali quanto nei fine settimana e nei periodi di vacanza, le caratteristiche dell’abitazione, ecc….

Tutte informazioni che l’allevatore responsabile deve acquisire approfonditamente sin dal primo contatto, per iscritto, telefonicamente quindi anche di persona.

Soprattutto non deve avere timore di negare un cucciolo e/o di consigliare altra razza e/o altro allevamento di quella stessa razza, laddove ritenga che non ci siano le condizioni ottimali per consentire lo sviluppo di una buona relazione all’interno de binomio uomo-cane.

Questo atteggiamento di “selezione a monte” dei futuri proprietari è anche quella che consente, poi, di evitare fenomeni di abbandoni, con sovraffollamento di canili e tutto ciò che ne consegue.

Bisogna, dunque, assolutamente dissuadere coloro che scelgono di prendere un cane (magari su sollecitazione dei bambini/adolescenti nel contesto domestico, che possono ricavarne sicuramente grande beneficio ma non devono mai essere i principali “decisori”) come regalo di Natale, compleanno, San Valentino oppure perchè l’hanno visto in una pubblicità alla TV.

Non bisognerebbe affidare la fama di una razza ad una pubblicità; una determinata razza deve diffondersi grazie a lavoro attento, responsabile e coscienzioso dell’allevatore che garantisce certe condizioni di vita ai propri soggetti, riproduttori e nascituri, rispettando il più possibile la loro natura e la loro indole e facendo buona informazione scevra da ideologismi allevatoriali e/o veterinari (il più delle volte ispirati e sapientemente “pilotati” da multinazionali del petfood).

È, quindi, molto importante rispettare i tempi della natura

Nei branchi di lupi si è osservato che la madre ha un rapporto molto stretto e vincolante con i proprî cuccioli fino alla 16° settimana, ovvero 4 mesi.

Purtroppo una legislazione ancora troppo miope ha fissato in 60 gg. il termine minimo per la consegna dei cuccioli di Cane e, purtroppo, la maggioranza degli allevatori osserva questi tempi per ovvi e intuibili motivi (minori costi, incassi anticipati, responsabilità circa i rischi che cucciolo si ammali e/o manifesti patologie cardiache, polmonare, ecc. estesa su un lasso di tempo molto inferiore, ecc.) senza rispetto dei tempi della Natura e guardando solo a parametri di mera convenienza economica.

Quanto sopra, spacciando le tempistiche che fanno comodo, con i soliti luoghi comuni (cucciolo deve andare al più presto in famiglia per “socializzare”, per conoscere l’odore dei nuovi proprietari e della nuova casa, per andare a spasso in città con il nuovo proprietario e fare più esperienze possibili, ecc. ecc.).

Tutte affermazioni che hanno un senso, purchè nel rispetto dei tempi in cui cucciolo ha necessità di stare – in idoneo ambiente – con la madre, con i suoi fratelli/sorelle e con gli adulti del branco. Quindi DOPO (almeno 16 settimane). Non PRIMA.

In altre parole, come voler sostenere che un bambino (specie Umana) debba essere strappato alla madre e al suo contesto genitoriale e domestico DEFINITIVAMENTE, per essere inserito, permanentemente, in altro contesto, di specie animale a lui alieno e totalmente sconosciuto (ipoteticamente in una famiglia di specie Marziana o Venusiana).

Dare la possibilità al cucciolo di crescere insieme alla madre, ai fratelli e sorelle e agli altri adulti, maschi e femmine che siano, della propria specie (Cane) e a lui familiare, al contempo crescendo sviluppando familiarità con gli umani “supervisori” (allevatori), consente loro di ricevere stimoli imprescindibili e fondamentali per la loro formazione e, quindi, estremamente funzionali e necessarî per la loro stabilità ed equilibrio psichici.

Un cucciolo che nasce e rimane chiuso in un box (o “nursery”, eufemismo sempre più diffuso, in realtà solo per edulcorare la cruda realtà) per 60 gg. insieme ai fratelli/sorelle ed alla madre non avrà sicuramente un adeguato sviluppo psichico-caratteriale, tenderà a un disequilibrio psichico (d’altronde come un umano che trascorra una pessima e tribolata infanzia) che si manifesterà, nel tempo ed in età più adulta, con scarsa stabilità psichica, con paure e insicurezze che si tradurrano (a seconda che si tratti di razza canina forte o debole) in aggressività o fobie, entrambe molto mutilanti e vincolanti nella gestione del futuro-cane da parte dell’umano che l’abbia adottato.

Inoltre la cucciolata dei Cànidi (lupi, sciacalli, coyote, dingos, volpi; e, seppur appartenenti ad altra sotto-famiglia zoologia, anche dei cani ferali) è un evento che coinvolge (e, volendo usare una terminologia umana tendente all’umanizzante, quindi tendenzialmente sbagliata) “entusiasma” tutto il branco, che si dedicherà e si occuperà dei cuccioli, insieme alla madre-alfa (e, nel caso dei soggetti-omega del branco, sin dai primi giorni di vita dei cuccioli), sia per quanto riguarda l’accudimento, che la e-ducazione.

I migliori educatori per i cuccioli di (qualsiasi razza – ed anche non-razza, sul quale concetto ci sarebbe molto da discutere – di) Cane, sono i cani adulti stessi del branco in cui la cucciolata viene alla luce, purchè adulti equilibrati e stabili psichicamente (condizione che, solo per citarne una, non si ottiene certo tenendoli rinchiusi in box o gabbie!).

Un fenomeno talvolta distorcente e controproducente è anche quello attuale degli “educatori cinofili (umani) di cuccioli cui sono venute a mancare queste condizioni imprescindibili dalla nascita (fors’anche dal concepimento) al distacco dalla madre, dai fratelli/sorelle e dal branco.

A meno che non li si intenda nel ruolo di “educatori degli umani” (proprietari di un cucciolo e/o di un cane), per insegnare loro (agli umani) come “sintonizzarsi” sulle frequenze mentali del Pensiero canino (ben diverse da quelle del Pensiero tipicamente umano).

La loro funzione dovrebbe essere quella di aiutare l’umano ad interagire correttamente con il proprio cane, fornendo (al bipede umano) strumenti, sia cognitivi che comportamentali, utili per stabilire una buona relazione con il proprio cane (psichicamente equilibrato, si àuspica), nel rispetto della sua natura e della sua indole, con poche ma chiare regole.

In primis, la “logica” e la “coerenza” di Pensiero

Facili da dimostrare a parole, meno a fatti concreti. Ma non impossibile da adottare. Il cane, infatti, ha una logica essenzialmente “aristotelica” (bianco è bianco, nero è nero, bianco è diverso da nero) e una “forma mentis” che, con una forzatura, potremmo tipicamente definire “da pensiero umano in modalità militare” (non a caso i migliori addestratori cinofili, anche se non tutti, sono soliti operare in ambito militare).

La “mente” del Cane si ispira essenzialmente alla coerenza, tipica insita nella Logica, ed ha bisogno di sviluppare, sin da subito, “rapporti gerarchici“.

E’ fondamentale, quindi, che sin da subito, gli venga insegnato al cucciolo il “Rispetto della gerarchia” in una contesto di relazioni COERENTI (il superiore gerarchico adotta comportamenti, sempre, “da superiore gerarchico”).

Se ciò non avviene SEMPRE e COERENTEMENTE, allora il Cane ri-elabora istintivamente lo “schema gerarchico” delle relazioni sviluppate nell’ambiente in cui sta crescendo e/o in cui si trova a vivere ed adatta il proprio “ruolo gerarchico” sulla base delle nuove “informazioni” acquisite dal medesimo ambiente, che lo circonda.

Un buon proprietario non deve confondere il cane con comandi – ma soprattutto con comportamenti – contraddittori (incoerenti).

Se una cosa non è permessa, non è permessa sempre. Salvo contro-ordine specifico. Quindi previo consenso del superiore gerarchico (“A-ttenti!” è “Attenti!” sempre; salvo il “Riposo. Rompete le righe!”)

Rispetto della natura e dell’indole. Il cane è Cane. Quindi, prima di tutto, istinto.

Come diceva Sant’Agostino: “Homo agit se ipsum. Animales aguntur“.

Importante dunque non tentare di “umanizzare” il cane (anche se è più che “umano” umanizzarlo e può capitare; e, in un contesto relazionale Uomo-Cane corretto, può anche avvenire senza creare troppi problemi).

Dobbiamo però sempre ricordarci della sua natura “animale” (poi, che nei tempi moderni vi siano molti umani oramai più animali degli Animali, è un dato acquisito), quindi istintiva, e averne Rispetto.

Il cane, per poter “essere Cane”, deve poter “fare-il-Cane”. Sin dalla nascita. E, per come la vede lo scrivente, per almeno 16 settimane.

Solo comprendendo la sua vera natura, di Cane, e rispettandola sempre, saremo sicuri di aver fatto cosa buona e giusta.

Insomma, un percorso che allevatore e futuro proprietario non possono certo fare insieme, facendosi influenzare da uno spot pubblicitario!