La dentatura del cane: il cane è un carnivoro!

Non v’è alcun dubbio che già la forma dei denti suggerisca la natura biologica della specie e il tipo di alimentazione che questa non solo predilige, ma di cui ha anche bisogno: ed esempio il cavallo, erbivoro, è dotato di denti piatti per triturare i vegetali; il cane invece, essendo carnivoro, è dotato di denti aguzzi, per mordere, dilaniare e masticare le prede, frantumandone le ossa.

L’apparato digerente, piuttosto corto nel cane, già dimostra e attesta la sua ancestrale natura di predatore carnivoro e anche se, nel corso dei millenni, ha assunto qualche abitudine da onnivoro (facendo di necessità virtù, nel momento in cui ha trascorso e condiviso sempre gran parte della propria vita a fianco dell’uomo), questa sua, ancestrale, origine spiega la maggior parte delle sue strutture anatomiche.

La dentatura (permanente) del cane è composta da 42 denti (laddove i denti decidui o “da latte” del cucciolo sono solo 28); di cui 20 distribuiti all’interno della mascella (quindi sopra) e 22 nella mandibola (sotto).

Nella parte anteriore gli incisivi (6 sopra e 6 sotto) sono conformati in modo tale, quindi “specializzati”, per “rodere” e “tagliare” pezzi di carne della preda.

Subito dopo, ai lati degli incisivi, troviamo i “canini” (2 sopra e 2 sotto) di dimensione molto più importante rispetto agli incisivi (in alcune razze, di taglia grande e anche medio-grande, trattasi di vere e proprie “zanne”!), “specializzati” per agganciare e ferire la preda oltre che per “lacerarne” le carni (con il mangime industriale, secco o umido, c’è ben poco da “lacerare”).

Poi troviamo i “premolari” (4 sopra e 4 sotto) e i “molari” (3 sopra e 3 sotto), tutti di dimensioni molto importante e, anche intuitivamente, specializzati per masticare i pezzi di carne della preda (afferrati e lacerati dai canini-zanne e tagliati e rosi dagli incisivi), oltre che – per la conformazione reciproca (“a cuneo” concavo nella mandibola e convesso nella mascella) – per “frantumare” e, quasi letteralmente, “sbriciolare” le ossa della preda.

Le funzioni e le forme della mandibola

L’apertura (e chiusura) di mandibola e mascella avviene principalmente grazie ai muscoli “massetere e digastrico” (muscoli masticatori).

Dato il tipo di articolazione della mandibola e trattandosi di una leva cosiddetta “di terzo grado” (piuttosto svantaggiosa), la pressione maggiore del morso viene esercitata in prossimità degli ultimi premolari (in prossimità del fulcro).

Per questo motivo il cane, quando introduce un osso (o una carne della preda contenente osso) all’interno della bocca, lo rompe, anzi lo “frantuma” letteralmente, spingendolo subito oltre gli ultimi premolari (quindi sotto ai molari), in quanto zona in cui può esercitare la massima pressione.

D’altro canto, la minore pressione esercitabile nella parte orale anteriore (incisivi) per le funzioni di “presa”, è integrata e incrementata, nelle funzioni di aggancio, penetrazione e lacerazione delle carni della preda, dalle lunghe ed aguzze “zanne” (canini).

Lo sviluppo della mandibola crea diversi tipi di chiusura

A fauci (bocca) chiuse, è possibile esaminare e valutare i vari tipi di “chiusura” dei denti incisivi.

Quando gli incisivi della mandibola (incisivi inferiori) sono molto arretrati rispetto a quelli della mascella (incisivi superiori), avremo “enognatismo“.

Il contrario (incisivi inferiori molto avanzati rispetto a quelli della mascella), si tratterà di “prognatismo“.

Quando gli incisivi superiori ed inferiori combaceranno, appoggiandosi gli uni sugli altri, avremo la cosiddetta chiusura “a tenaglia“.

In caso di lieve enognatismo (frequente in molte razze) avremo una chiusura “a forbice”; laddove il contrario (meno frequente) comporterà una chiusura detta “a forbice rovesciata”.

Come detto, la chiusura più frequente è quella “a forbice” (ove gli incisi inferiori, a fauci serrate, restano all’interno e a stretto contatto con gli incisivi superiori, che vi poggiano sopra).

Lo “standard” di ogni razza stabilisce, di solito, il tipo di chiusura “ideale” (ovvero il tipo di chiusura ritenuta “ortodossa”; o, più correttamente, “ammessa” dai giudici cinofili nelle esposizioni canine in base agli “standard di razza”).

Normalmente l’enognatismo è sempre considerato un difetto presupponendo gracilità di presa; laddove il prognatismo, in alcune razze brachicefale, è “ammesso” (quindi non considerato un difetto, pertanto “accettato” dai giudici cinofili).

Sed de hoc satis (standards di chiusura dentale, ammessi o meno nelle esposizioni cinofile e quant’altro), dato che l’obiettivo precipuo delle considerazioni sin qui fatte era quello di far capire che, anche solo osservando la dentatura del Cane, è facilmente comprensibile (anzi intuitivo) che il cane – contrariamente a quanto sinora sostenuto dalla maggior parte del mondo veterinario degli ultimi 30/35 anni – è nato… CARNIVORO!

Quindi nato per mangiare CARNE CRUDA (poi, in certi casi – cani da caccia o cani che vivono a stretto contatto con animali da cortile – ha senso venga sbollentata, quindi un pò cotta).

E non solo “carnivoro”

Volendo coniare un neologismo (in realtà mutuando un aggettivo dell’attrezzistica chirurgica), il Cane è nato anche “OSSIVORO“.

Quindi ben vengano, all’interno delle CARNI crude, anche tutti gli OSSI crudi (cotti, in caso di carni sbollentate nelle succitate eccezioni, NO; alterandosene, in tal caso, le caratteristiche molecolari con conseguenze effettivamente pericolose durante la masticazione ed ingestione degli stessi).

Pertanto diciamo un bel “BASTA!” alla ricorrente argomentazione (anzi alla “favoletta“), trita e ritrita, utilizzata da gran parte del mondo veterinario, che “…se dai ossi (crudi) al tuo cane, rischi che una scheggia lo faccia morire soffocato!“.

Statisticamente, infatti, la percentuale di casi di “soffocamento da scheggia di osso” risulta, a tutt’oggi, irrilevante (e comunque non più di quanto succeda alla specie animale “Uomo”, che solitamente non mangia ossi e i cui molari non sono modellati per “frantumare” ossi )!

Ovviamente, quando si parla di “osso”, tipologia e dimensioni sono sempre in funzione del tipo (quindi anche taglia) del cane (a un Chihuahua non proporremo un femore di tacchino; tanto meno, a un Pastore del Caucaso, un osso di quaglia!).

Inoltre, per la nostra esperienza (e per la tipologia di cane in esame), sempre meglio “ossi” a sezione arrotondata (e.g. femori) e di animali da cortile (gallina, tacchino, faraona, coniglio, et similia; ma anche, talvolta, parti magre di carni rosse), rispetto a carni e ossi di maiale, per intuibili motivi.

N.B. Il plurale di “osso” è “ossa” (se riferito all’ossatura umana); se riferito a quella animale, allora si tratta di “ossi”: cominciamo a far chiarezza anche… grammaticalmente!